mercoledì 6 novembre 2013
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​A tarda sera, risolta la grana-Cancellieri, Enrico Letta nemmeno vuole sentire parlare dell’intreccio tra il voto per la decadenza di Berlusconi (fissato al 27 novembre) e il varo della legge di stabilità al Senato (iter da chiudere entro il 22). «Agli italiani importa solo della manovra, non delle vicende giudiziarie dei singoli esponenti politici. Che si voti prima una cosa o prima l’altra è un dibattito fine a se stesso, a noi non deve interessare e non interessa. Andiamo avanti sulle cose che contano davvero, siamo disponibili a ragionare nel merito di tutte le scelte di politica economica che abbiamo fatto, a migliorare, ad ascoltare. Ma se il Pdl o parte del Pdl non vuole partecipare al confronto, sappiano che non ci fermeremo...».

Il presidente del Consiglio è determinato a condurre la manovra in porto senza scossoni, ed è pronto ad alzare i toni nel momento in cui vedrà che i lealisti useranno la legge di stabilità come arma per rinviare o caricare di ulteriore drammaticità il voto sul Cavaliere. Stasera Letta alle 20 incontrerà i gruppi parlamentari del Pd, e chiederà, alla luce delle fibrillazioni interne al Pdl, il massimo della compattezza. «Toccherà ancora a noi dimostrare il massimo della responsabilità», dirà con un filo di orgoglio il premier al suo partito. Promettendo, inoltre, una vera e propria svolta per il 2014. «Adesso ci serve come il pane presentarci al Consiglio Ue di dicembre con i conti in ordine. Ma lì alzeremo la voce e pretenderemo che l’Europa cambi registro sulla crisi».

La nota rilasciata da Palazzo Chigi dopo le stime della Commissione Ue su deficit, debito e Pil, vuole esprimere, seppure in modo più felpato, lo stesso concetto: «La Commissione – scrive il governo – conferma che la strada intrapresa dal nostro Paese sta dando i suoi frutti. Rimane tuttavia ancora molto da fare sia a livello nazionale sia a livello europeo per consolidare le prospettive di crescita». I dati di Bruxelles, spiega l’esecutivo, «ribadiscono la salute dei nostri conti pubblici: l’Italia è l’unico grande paese europeo, assieme alla Germania, con un deficit stabilmente sotto il 3 per cento del Pil». Insomma, adesso siamo titolati a battere i pugni sul tavolo. E se le stime sul Pil fornite dall’Ue sono più basse è perché si valuta in maniera diversa l’impatto del pagamento del credito alle imprese. Ciò nonostante, «siamo vicini al pareggio di bilancio e il debito pubblico si è stabilizzato. L’Italia quindi non presenta squilibri di bilancio né macroeconomici. Tutto questo permetterà di usufruire di maggiore flessibilità per investimenti produttivi». È il preannuncio di una battaglia politica che deve iniziare nel giorno in cui la Germania avrà un governo e dovrà dare frutti prima del voto di maggio per il Parlamento di Strasburgo. Una battaglia in cui Letta pensa addirittura di poter ribaltare i ruoli con Angela Merkel, pretendendo che i tedeschi facciano i passi che ancora mancano sulla strada dell’Unione bancaria.

Va da sé che per il 2014 non ci sono miracoli in vista per stimolare la crescita. "Nulla osta" contro la volontà dei partiti di trovare 2 miliardi aggiuntivi per casa, cuneo e investimenti, ma ci vogliono «coperture certe», avvisa il sottosegretario all’Editoria Giovanni Legnini, uno che ha fatto da relatore a tutte le ultime finanziarie. Altrimenti il governo dovrà fare la faccia feroce. Qualcosa si può fare, specie sul fronte della casa per consolidare Alfano e su quello degli investimenti per accontentare il Pd, ma senza coltivare attese miracolistiche. Questo discorso Letta e il segretario Pd Epifani l’hanno già fatto, il punto è se il Pdl userà i vincoli di bilancio per accentuare le divisioni interne.

Di fatto, al momento, non è stato ancora fissato un incontro tra premier e Pdl. Dal gruppo azzurro avvisano che se ne parla, forse, la prossima settimana. È evidente che le tensioni interne non facilitano un confronto sereno con il capo dell’esecutivo. Perciò ieri si prendeva tempo. «Se ci vogliono noi siamo disponibili, altrimenti ci confronteremo direttamente in Aula», commentano da Palazzo Chigi con la consapevolezza che Alfano dispone, al Senato, di una pattuglia più che sufficiente per procedere "in autonomia".

Paradossalmente, a facilitare il vertice premier-Pdl è proprio la nota con cui Berlusconi chiede ai suoi di smetterla con i litigi e di pensare alle cose concrete. In fondo, è un assist ai governativi. Il clima con cui la manovra camminerà in Senato si capirà domani mattina alla presentazione degli emendamenti. Se i lealisti presenteranno loro proposte "fuori target", allora Letta pretenderà chiarezza ad Alfano. Offrendo al vicepremier ogni forma di garanzia: sulla durata dell’esecutivo, sulle correzioni alla nuova tassa sulla casa, sull’abrogazione della seconda rata Imu. A questo proposito, le parole allarmanti di Saccomanni da Londra («Non sarà facile evitare la seconda rata, ma si può fare, si tratta di trovare consenso politico»), vengono lette da Palazzo Chigi solo come un monito di buon senso: l’impegno politico resta, ma per non far pagare l’imposta a dicembre occorrerà operare un taglio lineare ad un pezzo di spesa pubblica o inventarsi una nuova tassa.

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