lunedì 10 febbraio 2014
​Il segretario del Pd: non voglio fare la fine di D'Alema, martedì il premier da Napolitano. Alfano: serve una ripartenza. 
Legge elettorale alla prova dell'aula
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Rimpastino, rimpasto o Letta-bis? Scartata la staffetta dal diretto interessato (Matteo Renzi) che non ci sta a "fare la fine di D'Alema" e oggi rilancia
Rimpastino, rimpasto o Letta-bis?Scartata la staffetta dal diretto interessato (Matteo Renzi) che non ci sta a "fare la fine di D'Alema" e sottolinea che sarebbe un suicidio andare a Palazzo Chigi, senza passare dal voto, il Governo, per rimettersi in marcia, ha bisogno comunque di fare il tagliando. L'appuntamento è già fissato al Colle dove, probabilmente martedì, Giorgio Napolitano e il premier Enrico Letta si siederanno attorno al tavolo per sciogliere il rebus governativo. È dato per certo che l'esecutivo debba passare attraverso vecchi riti. Potrebbe iniziare come rimpastino o rimpasto e poi per una sorta di effetto domino, trasformarsi alla fine del percorso in un Letta-bis, ovvero in un esecutivo nuovo di zecca ma con guidatore collaudato. Al probabile Letta numero 2 si dovrebbe però arrivare con dei passaggi obbligati, non esclusa l'apertura di una crisi formale, che non sempre resta incanalata nei binari immaginati (si sa come si inizia, è sempre stato anche il ragionamento svolto al Colle, ma non si sa come va a finire). Ecco perché, nonostante le pressioni per una "ripartenza" ex novo dell'esecutivo Letta, il rebus governativo resta tutt'ora irrisolto. Con il Colle che instancabilmente invoca continuità per il governo, guardando alle mille emergenze del paese. Ma anche alle riforme che verrebbero soffocate nella culla. D'altra parte spostare o sostituire alcune pedine governative potrebbe portare ad un improvviso e non programmato smottamento del Governo, e allora la partita diventerebbe molto più complessa e a quel punto, se si esclude la staffetta, non resterebbe che il voto anticipato, con una legge elettorale dimezzata. Uno scenario da incubo anche per il paese e che spiega tutte le cautele e le riserve quirinalizie. Da riempire sono rimaste le caselle dell'Agricoltura (dopo l'addio di Nunzia De Girolamo per l'indagine sulla Asl di Benevento, Letta ha preso l'Interim), del vice dell'Economia (lasciato da Stefano Fassina) e anche del vice della Farnesina (l'azzurro Bruno Archi è uscito dal governo dopo lo strappo di Fi). Ma più delle poltrone vuote fanno rumore le polemiche che investono alcuni dicasteri più esposti: tra i nomi presi a bersaglio soprattutto da Forza Italia, quello del ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni (blindato però da Mario Draghi oltre che dal Quirinale); vittima del fuoco amico, Flavio Zanonato, ministro dello Sviluppo economico, attaccato dalla renziana Debora Serracchiani (governatrice del Friuli Venezia Giulia) per la vicenda Electrolux. Difficoltà anche per il ministro del Lavoro Enrico Giovannini dopo le riserve e le critiche espresse sul Jobs Act di Renzi. Nuvole nere pure sulla testa delle ministre Cecile Kienge (Integrazione) e Anna Maria Cancellieri (Giustizia). Per contro splende il sole ministeriale sopra il renziano Graziano Delrio che dai bookmaker di palazzo viene indicato agli Interni o, comunque, su un altro ministero di peso. Anche il Nuovo centrodestra è convinto che serva un cambio di passo. "Non ci stiamo a un governicchio che ogni giorno rischia di scivolare su un incidente perchè sostenuto da una maggioranza che non ci crede fino in fondo". A dichiararlo, in un'intervista a "Repubblica", è Angelino Alfano, vicepremier, convinto che non sia più tollerabile un esecutivo che "rischia di diventare un governicchio del tirare a campare". "La mia idea è che serva una vera ripartenza, temo che qualche ritocco non basti", aggiunge Alfano, secondo cui "sulle spalle di Matteo Renzi grava in queste ore una grande responsabilità: è lui il segretario del Pd e questo è un governo a guida democratica. Quindi è evidente che tocca a Renzi fare delle scelte ed è inevitabile che le sorti del governo si giochino nel rapporto tra lui e Letta".
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