mercoledì 11 settembre 2013
Ancora tentativi di forzature sull’omofobia. Nel "comitato dei nove" della Commissione Giustizia della Camera ieri il capogruppo del Pd Walter Verini ha tentato di reintrodurre l’aggravante sull’omofobia. Gli accord erano di limitarsi a un nuovo reato all’interno della Legge Mancino, per omofobia e transfobia, con l’impegno di introdurre una clausola per scongiurare il reato di opinione.​
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Ancora tentativi di forzature sull’omofobia. Nel "comitato dei nove" della Commissione Giustizia della Camera - dopo l’improvvisa accelerazione imposta, come si ricorderà, dalla presidente Donatella Ferranti, che portò all’inutile blitz in aula prima delle ferie, senza neanche discutere gli emendamenti - ieri il capogruppo del Pd Walter Verini ha tentato di reintrodurre l’aggravante sull’omofobia.
Gli accordi, oggetto di faticose trattative, erano quelli di limitarsi all’introduzione di una nuova fattispecie di reato all’interno della Legge Mancino, per omofobia e transfobia, accanto alle motivazioni religiose o razziali, con l’impegno di introdurre poi una clausola interpretativa per scongiurare il reato di opinione per la mera enunciazione di opinioni politiche, culturali o religiose non contenenti affermazioni offensive. Ma all’emendamento di salvaguardia («Ai sensi della presente legge, non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e manifestazione di convincimenti od opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, purché non istighino all’odio o alla violenza, né le condotte conformi al diritto vigente») veniva a sorpresa affiancata una brevissima previsione volta ad allargare a omofobia e transfobia la dicitura dell’articolo 3 comma 1 della legge Mancino, che dispone appunto le fattispecie aggravanti. Il capogruppo del Pdl Enrico Costa ha respinto con decisione questa impostazione.
All’obiezione del Pd che paventava la creazione di una sorta di discriminazione al contrario nelle previsioni della Mancino, se non fosse accordata l’aggravante, Costa arrivava a prospettare, in alternativa, l’abrogazione concordata di tutte le fattispecie aggravanti già previste dalla legge, che sarebbero in ogni caso rientrate nella più generale previsione dei «motivi abietti e futili». Alla fine l’ipotesi veniva accantonata e restava solo in campo il nuovo reato e le diverse formulazioni della clausola di salvaguardia anti-reato di opinione, così come prevista dai relatori o dagli emendamenti dei diversi gruppi, quelli del Pdl (primo firmatario Alessandro Pagano), cui si aggiungono quelli di Fratelli d’Italia e della Lega.
A un certo punto ieri sembrava tutto pronto per un nuovo, definitivo, blitz. In mattinata il deputato di Sel Alessandro Zan sollecitava, in nome anche della comune provenienza, «la Presidente Boldrini, che ha dimostrato sempre grande sensibilità sui diritti civili», a un «esame rapido». Poi nel pomeriggio l’accelerazione in commissione, infine un ingarbugliarsi della discussione sul finanziamento ai partiti sembrava dare semaforo verde all’argomento successivo, cioè l’omofobia. Ma alla fine, vuoi per ragioni di tempo, vuoi per la nuova divaricazione emersa, resta molto improbabile l’approdo in aula per la giornata di giovedì. «Soddisfazione» per la presa di posizione decisa del suo capogruppo esprime il deputato Eugenia Roccella del Pdl. Mentre Paola Binetti dell’Udc vede nuovi motivi di prudenza «alla luce di nuovi casi e fughe in avanti che si registrano, ad esempio a Venezia o Bologna».
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