giovedì 6 aprile 2017
Gli emendamenti cadono, i problemi restano. La Camera sta rischiando – anche senza volerlo – di aprire la strada a situazioni aberranti
Legge equivoca tra nodi e dubbi
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Gli emendamenti cadono, i problemi restano. La Camera sta rischiando – anche senza volerlo – di aprire la strada a situazioni aberranti. Una cosa è certa, fin d’ora: come evidenziato da molte voci su queste pagine – ultimo in ordine di tempo il presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli (che su Avvenire del 4 aprile ha parlato di equivoci da superare) poco condivide la proposta di legge con i principi cardine del nostro ordinamento. Ecco qualche esempio.

1- No a idratazione e nutrizione Nella proposta di norma all’esame dell’Aula non compare mai la parola 'eutanasia', neppure con sinonimi. Fatto sta che il testo potrebbe introdurla surrettiziamente: dando infatti a un paziente la possibilità di non cominciare o di sospendere idratazione e nutrizione assistite nella sostanza sdogana il diritto di essere uccisi da una situazione – nella fattispecie l’assenza di acqua e cibo – assolutamente diversa dalla patologia di cui soffre il paziente. Discorso simile vale quando il medico si trova nelle condizioni di salvare una persona ma questa respinge le cure e il medico deve adeguarsi perché così dispone la legge: si può configurare un’eutanasia passiva, ovvero la morte causata dall’omissione di una terapia salvavita.

2 - Aiuto nel suicidio Il medico che richiesto dal paziente sospende terapie oppure idratazione e nutrizione non sarà perseguibile né penalmente né civilmente. Siccome, nella sostanza, la legge finisce per autorizzare l’eutanasia omissiva o passiva, e poiché la norma è in contrasto con due articoli del Codice penale (quelli appunto che istituiscono il reato di omicidio del consenziente e aiuto nel suicidio), essa è obbligata a sottrarre il medico dalla tagliola di quelle norme. Anche qui, dunque, la legge sul fine vita modifica silenziosamente importanti norme del nostro sistema.

3 - Sarà un illecito salvare un suicida? Visto che «nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata» cosa può (o non può) fare un sanitario che si trovi davanti un aspirante suicida? La legge prevede che «nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico assicura l’assistenza sanitaria indispensabile» ma l’espressione che segue – «ove possibile nel rispetto della volontà del paziente» – apre il campo alle più svariate interpretazioni.

4 - I poteri dell’amministratore di sostegno Secondo il Codice civile, l’amministratore di sostegno è la figura nominata dal giudice per assistere chi «si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi». E per la legge sul fine vita, tra questi interessi, c’è pure quello di concludere anzitempo la propria vita: a decidere quando e come potrà essere anche il solo amministratore di sostegno, e sulla scorta di indicatori molto fumosi. «Il consenso informato – recita la norma, alludendo a terapie, idratazione e nutrizione – è espresso o rifiutato anche dall’amministratore di sostegno ovvero solo da quest’ultimo, tenendo conto della volontà del beneficiario, in relazione al suo grado di capacità di intendere e di volere».

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