venerdì 25 ottobre 2013
Il presidente della Repubblica ribadisce l'urgenza di un intervento delle Camere prima della pronuncia della Consulta. Primi incontri con i rappresentanti con i partiti. Il Colle rammaricato per la decisione del Movimento 5 Stelle di declinare l'invito.
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Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ribadisce l'urgenza che le Camere modifichino il Porcellum prima dell'intervento della Consulta previsto il 3 dicembre. "Prima dell'udienza della Corte Costituzionale, il Parlamento affermi il ruolo suo proprio intervenendo almeno a modificare la legge vigente", si legge in una nota del Quirinale. "Nei prossimi giorni il presidente Napolitano incontrerà i rappresentanti della Lega Nord ; mentre ha preso atto con rammarico - si legge nel comunicato della presidenza della Repubblica - della decisione del Movimento 5 Stelle di declinare l'invito anche a esso rivolto. Si ricorda che la presidenza della Repubblica ha sempre, e anche di recente, accolto richieste di incontro da parte del Movimento 5 Stelle, benché spesso accompagnate da attacchi scorretti e perfino ingiuriosi al capo dello Stato". PARTITI SUL COLLENel pomeriggio Sel è salita al Quirinale per incontrare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e fare il punto sulla legge elettorale. A seguire anche una delegazione di Fratelli d'Italia. Con la Lega Nord si fisserà invece un'altra data. A rappresentare Sel sarà la senatrice Loredana De Petris. È linea dura del M5S nei confronti del Quirinale. I senatori del M5S sono stati invitati al Colle per un confronto sulla legge elettorale ma non andranno. La convocazione era prevista per le 16,30. "Non andremo perché non siamo né in una Monarchia assoluta, né in una Repubblica Presidenziale". Lo dice la capogruppo dei senatori M5S Paola Taverna spiegando le ragioni del No all'invito del Colle, "Il M5S, dopo il vergognoso ricevimento sulla legge elettorale che si è svolto nelle stanze dorate del Quirinale, alla presenza delle forze di maggioranza al Senato e di ben due ministri, oggi non andrà all'incontro con il Presidente della Repubblica, tardivamente richiesto a giochi ormai fatti" spiega una nota del M5s. "Non andremo perché non siamo né in una monarchia assoluta, né in una Repubblica presidenziale. Secondo l'articolo 87 della Costituzione, il presidente della Repubblica può inviare messaggi alle Camere, cioè a tutte le forze politiche. Ricevere invece le forze di maggioranza su temi specifici e delicatissimi come la legge elettorale, magari dando indicazioni e suggerimenti nel chiuso delle stanze e poi, solo il giorno dopo, ricordarsi di ricevere i 'plebei' delle opposizioni, è perlomeno fortemente irrituale" si lamenta Paola Taverna che continua: "Non andremo perché La legge elettorale è questione che va discussa esclusivamente in Parlamento. Da tutte le forze politiche. Senza la prevaricazione delle maggioranze sulle minoranze. Con l'incontro di ieri Napolitano ha avallato la prevaricazione di chi è maggioranza parlamentare sulle opposizioni. Un comportamento tipicamente autoritario. Lo ha fatto, per di più, su una legge fondamentale dello Stato, sulla quale si basa tutto il funzionamento democratico delle Istituzioni della Repubblica". Infine, "Non andremo perché siamo una Repubblica parlamentare: Giorgio Napolitano deve essere garante della Costituzione repubblicana e dell'equilibrio democratico. Deve quindi rispetto istituzionale a tutti. In primis, certamente, alla maggiore forza politica d'opposizione nonché alla forza politica più votata alla Camera dei deputati".Anche la Lega, dopo il M5S, ha deciso di rifiutare l'invito del Quirinale. "Oggi non andremo dal presidente Napolitano. Non ci piacciono le convocazioni frettolose, fatte all'ultimo minuto solo nel tentativo di rimediare a un errore molto grave" spiega Massimo Bitonci annunciando però la disponibilità ad essere ricevuti da soli. "Quanto accaduto ieri, ribadiamo, è gravissimo: aver convocato un vertice con la sola maggioranza su un tema parlamentare - aggiunge il capogruppo del Carroccio al Senato - è sintomo di partigianeria inaccettabile. Inoltre chiediamo al presidente della repubblica di essere ricevuti in delegazione completa, con il nostro segretario Maroni, e non insieme al resto dell'opposizione con la quale non ci riconosciamo. Abbiamo nostre proposte da rappresentare che sono lontane mille miglia da quelle di Sel o M5s. Come rappresentanti del Nord di cui portiamo avanti le istanze - aggiunge - saremo dunque ben lieti di salire al Colle ma da soli, e con una convocazione fatta nei tempi e modi dovuti nel rispetto del ruolo di ognuno". LO SPRONE DEL QUIRINALEGiorgio Napolitano chiede uno scatto d’orgoglio alla politica. Che essa, almeno sulla riforma del Porcellum, dia un segnale forte prima che lo diano i giudici della Corte Costituzionale. Il presidente non ha affatto nascosto che la scadenza a cui pensa è quella del 3 dicembre, quando la Consulta si dovrà riunire per decidere sulla costituzionalità dell’amplissimo premio di maggioranza che attualmente la legge elettorale vigente attribuisce alla coalizione vincente. Ai capigruppo della maggioranza al Senato, dove si sta svolgendo il dibattito sulla legge elettorale, convocati al Quirinale insieme al presidente della prima Commissione Anna Finocchiaro (Pd) e ai ministri competenti, Quagliariello (Riforme) e Franceschini (Rapporti con il Parlamento), Napolitano ha raccomandato di far presto. Di anticipare la Corte, approvando un testo di riforma almeno in Commissione. Ma la notizia del vertice ha provocato una vera e propria rivolta delle opposizioni, che si sono lamentare per l’esclusione. È a nulla è servita l’assicurazione del Quirinale che presto vedrà anche gli altri partiti. Durissimo Beppe Grillo, che chiede «l’impeachment» del capo dello Stato: «Oggi senza dire niente a nessuno Napolitano ha convocato degli esponenti del Pdl e pdmenoelle e li ha invitati quasi di nascosto per modificare la legge elettorale. Ora passiamo dal Porcellum al Napolitarellum». Si associa anche la Lega: «Fatto gravissimo, Napolitano ci riceva», dice Roberto Calderoli. Sel parla, con Loredana De Petris, di «vertice irrituale». Risentiti anche i "Fratelli d’Italia". In realtà l’accordo sulla legge elettorale, almeno sulla carta, non sembra lontano. E proprio ieri è stato presentato dai due relatori Lo Moro (Pd) e Bruno (Pdl) uno schema riassuntivo della discussione fin qui avviata, con i punti nei quali c’è convergenza tra le forze politiche e quelli in cui questa convergenza non c’è. Il sistema individuato per la elezioni per la Camera prevede l’80 per cento dei seggi assegnati in collegi plurinominali e il 20 nelle attuali circoscrizioni. Si tratta in sostanza di un sistema non lontano dal modello spagnolo, in cui la base essenzialmente proporzionale viene corretta dai piccoli collegi e da soglie di sbarramento. Su questo sistema, il Pd chiede di innestare un doppio turno di coalizione; il Pdl un premio di maggioranza per chi supera il 35 per cento. Dissenso anche sulle preferenze, previste da Lo Moro e bocciate da Bruno. Ma la soluzione del problema sembra essere molto legata anche alle primarie del Pd. La recente sortita di Matteo Renzi favorevole al doppio turno di collegio (vecchia proposta del Pd, ma vista come fumo negli occhi dal Pdl) rischia di creare una sorta di tela di Penelope. Spiega un esponente del Pd al Senato: «Abbiamo la campagna congressuale in corso e nessuno, segretario compreso, vuole lasciare a Renzi l’esclusiva del doppio turno di collegio». I segnali che vengono dai renziani sono tutt’altro che incoraggianti in questo senso. Dice per esempio Isabella De Monte, membro della Commissione Affari costituzionali del Senato: «Il proporzionale non è la medicina giusta per curare il sistema politico italiano». E Massimo D’Alema, sul fronte opposto, attacca il sindaco di Firenze, rivendicando la primogenitura del doppio turno: «Non è vero – spiega – che chi vince il congresso stabilirà quale legge elettorale verrà discussa. Noi abbiamo una proposta condivisa da tutti che è il doppio turno, l’abbiamo presentata quando Renzi era fanciullo ancora». Le dinamiche interne al Pd, insomma, potrebbero avere come risultato la paralisi sulla riforma del Porcellum. Una paralisi che, per quei paradossi di cui è piena la politica, sarebbe funzionale al disegno di Berlusconi, ancora convinto della possibilità di un voto nella prossima primavera. Non è un caso che i "falchi" del Pdl abbiano criticato il pressing di Napolitano. Perché – questo è chiaro a tutti, favorevoli o contrari alla riforma della legge elettorale – se si comincia a modificare il Porcellum, tra approvazione parlamentare e collegi da ridisegnare, la prospettiva del voto prima del Semestre italiano di presidenza Ue svanisce come neve al sole. Giovanni Grasso
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