giovedì 16 luglio 2015
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L'uso ricreativo, i Cannabis social club, una quota di proventi per il Fondo anti-droga... È proprio vero che la nostra è l’epoca del marketing: lavorando sulle parole e manipolando i concetti si fanno miracoli. E la legalizzazione di una droga – definita "leggera", ma della quale sono arcinoti gli effetti neurologici e il ruolo di anticamera della dipendenza – si trasforma in un gioco aggregante, e persino "benefico". Ma la realtà non viene scalfita dalle fantasie di 218 parlamentari, anche perché i quattro quinti dei legislatori non si accodano all’iniziativa che punta a legalizzare quel "fumo", salvando alcuni limiti. Ed è proprio dalla ipotizzata persistenza di alcune estreme garanzie che si coglie la rischiosità di una mossa che ignora le ricadute educative e sociali della cannabis: se resta vietato guidare sotto l’effetto di uno spinello, per dirne una, non sarà che c’è una pericolosa alterazione della psiche? Ma la vertigine della "libertà individuale" dà alla testa. Come una "canna".
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