sabato 9 ottobre 2021
Con la manifestazione a La Spezia, si celebra la 71esima Giornata Anmil di sensibilizzazione sulla prevenzione degli infortuni. «Strage indegna di un Paese civile», tuona il presidente Zoello Forni
Una tragedia che riguarda migliaia di famiglie

Una tragedia che riguarda migliaia di famiglie - Ansa

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La forza della testimonianza come valore aggiunto nella quotidiana battaglia contro gli infortuni sul lavoro. In occasione della 71esima Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, in programma oggi in tutta Italia - con manifestazione nazionale a La Spezia alla presenza del ministro del Lavoro, Andrea Orlando - l’Anmil presenta la nuova figura professionale del “formatore testimonial” incaricato di sensibilizzare sulle tematiche relative alla prevenzione e alla sicurezza dei lavoratori. I primi quindici testimoni sono stati formati quest’anno nelle Marche, la prima Regione a riconoscere nel repertorio delle qualifiche professionali anche questa figura, incasellando il ruolo dell’infortunato sul lavoro che propone la sua testimonianza in una vera e propria attività professionale. Il tutto grazie a un protocollo d’intesa tra l’ente regionale e l’Anmil per la promozione e la diffusione della cultura della sicurezza con il simbolo “Marche sicure”. Ora l’intenzione è esportare questo modello anche in altri territori, a partire dal Mezzogiorno, per dare l’opportunità a tanti infortunati di rimettersi in gioco, attraverso una nuova esperienza professionale.



349.449
Denunce di infortunio sul lavoro registrate dall’Inail nei primi otto mesi del 2021 (+8,5% rispetto al 2020)

772
Infortuni con esito mortale registrati tra gennaio e agosto 2021 (-6,2% sullo stesso periodo del 2020)


​«Alla base di questo progetto – racconta Sergio Mustica, direttore scientifico della Scuola della testimonianza dell’Anmil – c’è il valore dell’esperienza dolorosa dell’infortunio che, grazie alla testimonianza della vittima, può servire ad altri lavoratori per adottare comportamenti idonei a prevenire gli incidenti. C’è poi anche il valore del servizio alla comunità e del sentirsi ancora utili alla società, anche dopo un infortunio».
La prevenzione, insomma, non viene più vista, come spesso ancora accade, come un obbligo da adempiere alla stregua di una qualsiasi pratica burocratica, ma come un vero e proprio “valore collettivo” che, dall’esperienza di chi è passato attraverso il dolore di un infortunio, riesce a raggiungere un’intera comunità di lavoro.
Come fa Andrea Lanari, 44 anni, marchigiano di Castelfidardo, in provincia di Ancona, vittima di un gravissimo infortunio nel giugno del 2012, che gli ha fatto perdere non soltanto le due mani, rimaste sotto una pressa per stampi ed amputate fino all’avambraccio, ma ha anche mandato a rotoli il suo matrimonio. Una doppia tragedia che, però, non ha spezzato la volontà di ferro di questo giovane lavoratore, padre di un ragazzo di 15 anni e di una bambina di 8, che, anche con le sue “nuove” braccia, realizzate nel centro protesi Inail di Vigorso di Budrio, nel Bolognese, racconta la propria esperienza nelle scuole e nelle fabbriche di tutta Italia. Una storia di dolore e fatica ma anche di rinascita e speranza nel futuro, che Andrea racconterà anche oggi alla Giornata di La Spezia.
«Grazie alla scuola di testimonianza – dice il testimonial della sicurezza – sono riuscito ad “assorbire” il trauma dell’infortunio e ho imparato a gestire le emozioni. Per me, come per gli altri infortunati, è anche un’opportunità lavorativa e un modo per sentirsi ancora utili alla collettività. Sono molto soddisfatto del percorso fatto e delle opportunità che mi sono state date. Con i miei interventi in azienda cerco di fare passare il messaggio della prevenzione e una nuova cultura della sicurezza per arrivare a un deciso cambio di mentalità. E sono sempre più numerosi gli imprenditori che, alla fine, mi ringraziano per gli stimoli positivi che sono riuscito a trasmettere».
Anche se, per Andrea, ogni volta significa rivivere il dolore di quei giorni drammatici di nove anni fa che gli hanno cambiato per sempre la vita. «Ogni nuovo infortunio è una coltellata al cuore – riprende il testimone della sicurezza – perché, noi infortunati, sappiamo benissimo che cosa si prova e cosa provano anche le famiglie delle vittime del lavoro. Un’esperienza devastante dalla quale si può uscire soltanto se, come è capitato a me con Anmil, si trovano persone che ti aiutano e ti offrono una nuova opportunità. L’infortunio mi ha strappato le mani e distrutto il matrimonio ma mi ha anche dato la possibilità di vivere un’esperienza forte che ora voglio condividere con altri lavoratori affinché tutti comprendano che si può e si deve lavorare in maniera diversa, più sicura e responsabile».


36.496
Patologie di origine professionale denunciate nel 2021 (+31,5% sui primi otto mesi del 2020)

15
I primi “formatori testimonial” dell’Anmil, grazie a un accordo tra l’associazione e la Regione Marche

1951
Anno della prima “Giornata nazionale del mutilato”, svoltasi a Roma il 19 marzo su iniziativa dell’Anmil

​Una richiesta da 71 anni rilanciata dall’Anmil per fermare gli infortuni sul lavoro. Una «strage quotidiana indegna di un Paese civile», dice il presidente Zoello Forni, che soltanto nei primi otto mesi del 2021, ha provocato la morte di 772 lavoratori. Uomini e donne che sono usciti di casa per andare al lavoro e non sono più tornati. «Quello che ci indigna – prosegue Forni – è che oggi si muore con le stesse modalità di cinquant’anni fa». Cadendo da un ponteggio o sotto il trattore, impigliati nei macchinari o travolti in un cantiere stradale. Vittime dell’incuria e della “fretta incosciente” che sta, in tanti, troppi casi, caratterizzando anche la ripresa post pandemia. Soprattutto nelle piccole e piccolissime aziende, «dove i controlli sono assolutamente inimmaginabili – denuncia Forni – e invece sarebbe proprio lì che andrebbero fatti i maggiori investimenti per poter consentire anche a queste realtà produttive di mettere le macchine in sicurezza o acquistarne di nuove con protezioni che non possano essere rimosse». Perché, purtroppo, è accaduto anche questo.

L’appello: «Non chiamatele morti bianche»

«Non chiamatele morti bianche: negli infortuni sul lavoro non c’è nulla di candido e immacolato». A lanciare questo appello ai mezzi di comunicazione è Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di Firenze, che nei giorni scorsi ha lanciato una petizione pubblica. «Queste morti non sono mai dovute al fato o al destino cieco e beffardo, ma si determinano perché, in molti luoghi di lavoro, non vengono rispettate le norme per la sicurezza sul lavoro – denuncia Bazzoni –. Si potrebbero usare termini più appropriati, come morti sul lavoro o omicidi sul lavoro. È anche partendo dal linguaggio, che si combatte una battaglia per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro», conclude l’operaio toscano.

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