giovedì 26 aprile 2018
Un comitato intitolato al sacerdote ucciso dalla camorra lancia un appello contro le nuove forme di criminalità, per la giustizia, lo sviluppo locale, il welfare sociale e la buona amministrazione
Dalle terre di don Peppe Diana un "messaggio" ai clan
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«Forse siamo in ritardo, ma siamo ancora in tempo». Si chiude così il "Manifesto delle Terre di don Peppe Diana. Per lo sviluppo del territorio libero dalla camorra", elaborato dal Comitato don Peppe Diana e Libera Caserta, reso noto ieri, nel giorno della Festa della liberazione, ma anche nella data di nascita del Comitato che prende il nome del parroco di Casal di Principe ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994. «Il giorno giusto – sottolineano i promotori – per lanciare a tutti il nostro appello contro le nuove forme di camorra, impegnandoci per la giustizia, lo sviluppo locale, il welfare sociale ed una buona pubblica amministrazione». «Il futuro delle nostre comunità – si legge infatti nel documento –, sarà determinato da come ci prenderemo cura delle persone, da come saremo artefici e co-protagonisti dello sviluppo, da come sapremo offrire strumenti ed opportunità di crescita e di realizzazione, da come ci immaginiamo e da come ci sogniamo. Spetta ad ognuno di noi fare la propria parte». Il Manifesto è frutto di un Patto d’azione corale con il contributo di magistrati, forze dell’ordine, giornalisti, medici, docenti, sociologi, cittadini, imprenditori, sacerdoti, economisti, formatori, amministratori, studenti, operai, volontari.
Incontri e confronti che si sono svolti negli scorsi mesi a "Casa don Diana", bene confiscato a un boss dei "casalesi", diventato luogo simbolo del riscatto di questa terra. L’obiettivo, accanto alla repressione delle forme criminali che inquinano ogni settore, è l’impegno a lavorare per uno sviluppo sostenibile basato su un’economia sociale sana. Il primo punto "Giustizia, ambiente, risorse e salute", sottolinea come «gli imprenditori devono essere messi in condizione di potersi opporre alle estorsioni in ragionevole sicurezza, molti non si sentono ancora liberi di farlo e vanno aiutati a capire». Altri soggetti in difficoltà sono i familiari delle vittime innocenti della criminalità organizzata che, si legge ancora, «si sentono un numero tra i numeri, vittime peraltro anche della "spending review", che in alcuni casi ha finito per travolgere pure i presidi di polizia». C’è poi la questione ambientale (siamo in Terra dei fuochi). «La voglia di normalizzazione non deve tradursi in negazionismo, bisogna andare avanti senza trascurare o dimenticare quanto e come queste terre siano state violentate dalle organizzazioni criminali. La camorra continua a danneggiare l’economia infiltrandosi nei processi di definizione dei mercati e ad inquinare l’ambiente, defraudando la popolazione dei fondi per le bonifiche e delle necessarie corrette tecniche di smaltimento». Il secondo punto, "Sviluppo locale, economia sociale non profit e profit e beni confiscati" sottolinea come «far ripartire il territorio vuol dire preoccuparsi di incentivare lo sviluppo locale sulla base di una rinnovata economia in grado di tener dentro il riutilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata», con un «unico obiettivo: generare economia per garantire civiltà, benessere ed equità sociale». Ma il documento va oltre, definendo «non oltre rinviabile» un «percorso di recupero dei familiari dei camorristi o degli stessi ex camorristi che espiata la pena decidono di cambiare vita, chiedendo una chance alla società». Un percorso nel quale «è fondamentale la pubblica abiura di quell’ex camorrista o familiare, rispetto all’intero sistema criminale». Il terzo punto, "Comunità educative, welfare, formazione", sostiene che «i tempi sono maturi per iniziare a sperimentare percorsi di formazione, socializzazione che vedano coinvolte le comunità e le migliori agenzie educative per costruire comunità sane, educative e libere» Anche con una «nuova modalità operativa per affrontare dipendenze come ludopatia, alcol e droga». L’ultimo punto, "Pubblica amministrazione, corruzione, inefficienza", chiede «migliori e più efficaci strumenti di valutazione e selezione della classe dirigente. Rotazione dirigenti di settore anche tra Enti diversi, soprattutto quelli degli Uffici tecnici, per evitare assuefazione e comportamenti abitudinari e a volte scontati e sfrontati. Stimolare la partecipazione e la semplificazione amministrativa per dare risposte più immediate. Istituzione di un Osservatorio provinciale sulla corruzione».RIPRODUZ_RIS>

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