giovedì 3 novembre 2022
Julini: «Credo che l’Italia possa diventare ancora una volta il laboratorio di qualcosa di politicamente nuovo sul piano della pace».
In piazza per la pace

In piazza per la pace - Fotogramma

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«Credo che l’Italia possa diventare ancora una volta il laboratorio di qualcosa di politicamente nuovo sul piano della pace. Non era scontato che la manifestazione nazionale del 5 novembre ricevesse un’adesione così ampia da parte del mondo cattolico». Per Norberto Julini, coordinatore nazionale di Pax Christi, «è il frutto del paziente lavoro di tessitura messo in atto da una quarantina di associazioni cattoliche italiane, le stesse che nei giorni scorsi hanno sottoscritto un documento chiedendo al nuovo governo e al nuovo Parlamento di far valere le ragioni della pace nelle sedi internazionali». No alle armi nucleari e sì a forti gesti di pace e di dialogo: è ciò che affermava, in estrema sintesi, quel documento.

Due punti che la stessa Pax Christi considera di centrale importanza e sui quali non ha mai avuto alcun dubbio. Anche nella sua ultima assemblea svolta nel marzo scorso, l’associazione ha ribadito che affidarsi esclusivamente alla logica delle armi rappresenta il fallimento della politica.

«Purtroppo stiamo assistendo a una grave deriva bellicista che ha ipnotizzato molte persone anche nel nostro Paese, convincendole che persino la guerra nucleare possa essere un’opzione possibile. Ma otto mesi dopo l’inizio dell’attacco da parte della Russia possiamo dire ormai con certezza che mandare più armi in Ucraina non ha fatto altro che alimentare il conflitto» prosegue Julini. «Il nostro movimento cerca di fare la sua piccola parte continuando a essere motore di educazione e di conversione alla pace, di farsi testimone attivo di quella nonviolenza che è organica al cristianesimo ma che spesso non viene coltivata con la necessaria radicalità».

Pax Christi Italia fu creata nel 1954 da Giovanni Battista Montini prima che diventasse papa Paolo VI e da allora si impegna attivamente per la pace, il disarmo e la nonviolenza. Ancora oggi continua a camminare nel solco tracciato da figure storiche del pacifismo italiano come il vescovo emerito di Ivrea Luigi Bettazzi e il compianto don Tonino Bello, che esattamente trent’anni fa - quand’era presidente del movimento - organizzò una storica marcia per la pace nella Sarajevo assediata. In questi mesi, Pax Christi ha partecipato con proprie delegazioni alle quattro carovane della pace organizzate dalla coalizione Stop thewarnow portando aiuti e solidarietà in Ucraina, e sostenendo attivamente l’impegno degli obiettori di coscienza ucraini e russi. Alla missione del settembre scorso - giunta fino a Odessa e Mykolaiv, nel cuore del conflitto - ha preso parte anche l’attuale presidente, il vescovo Giovanni Ricchiuti.

«Tanti nostri attivisti hanno partecipato alle iniziative di mobilitazione svolte in tutta Italia dal 21 al 23 ottobre e il 5 novembre saremo presenti ovviamente alla manifestazione Europe for Peace di Roma» prosegue Julini, spiegando che il movimento svolge poi un lavoro silenzioso, che quasi mai fa notizia, all’interno delle scuole, delle parrocchie e delle diocesi «per camminare sui passi di papa Francesco». Alcuni giorni fa Pax Christi ha inaugurato un nuovo “Punto pace” a Bergamo mentre sono in corso i preparativi per due importanti iniziative in programma alla fine dell’anno: un grande convegno per il cinquantesimo anniversario della legge sull’obiezione di coscienza a Gravina di Puglia e una marcia per la pace che si terrà il 31 dicembre nella vicina Altamura.

«La nostra azione non cesserà finché non si porranno le basi per una pace giusta che sia il risultato di un nuovo approccio su tante questioni globali interconnesse tra loro, a partire dalle diseguaglianze e dal cambiamento climatico. Ciascuna di esse, se lasciata irrisolta, è destinata ad alimentare nuove guerre».

La sensazione è che il 5 novembre possa davvero segnare una svolta, almeno nel nostro Paese. «Se sarà davvero una manifestazione larga e condivisa come sembra, la politica non potrà evitare di darci ascolto. Siamo giunti a livello di regressione inaccettabile. Ma per citare don Lorenzo Milani, uscire dai problemi da soli è egoismo, uscirne insieme è politica. E adesso più che mai è necessario che la politica della pace riparta dalle piazze».

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