venerdì 26 luglio 2019
Ore decisive per il futuro di due piccole prese in carico dai servizi sociali di Bibbiano In attesa che il tribunale decida la madre rischia di perdere il lavoro. E le sue figlie
La fiaccolata  di sabato scorso  a Bibbiano dopo  l’inchiesta  "Angeli e demoni"

La fiaccolata di sabato scorso a Bibbiano dopo l’inchiesta "Angeli e demoni"

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«Aiutatemi. Mi restano ormai poche settimane per salvare le mie bambine. Se all’inizio di settembre non farò ritorno in Emilia perderò il lavoro e la casa. E quindi anche le mie figlie. Ma ora non posso muovermi, devo rimanere in Puglia con loro. Se mi allontano le perderò allo stesso modo. Cosa devo fare per non vedermi togliere ciò che ho di più prezioso al mondo?».

È un appello drammatico quello lanciato da una mamma ucraina in Italia ormai da molti anni, separata dopo un matrimonio durato meno di due anni, finita nel tritacarne dei Servizi sociali della Val d’Enza e poi nei meandri del nostro sistema di tutela dei minori. Ora, quella che chiameremo Myriana dopo peripezie giudiziarie che bisognerebbe studiare in un corso di laurea in giurisprudenza per spiegare ciò che non si dovrebbe mai fare per sostenere veramente una famiglia in difficoltà, la donna si trova in un vicolo cieco. Da qualche settimana vive con le figlie in una struttura protetta in Puglia per disposizione del competente Tribunale per i minorenni. Non può lasciare le bambine, che oggi hanno 5 e 6 anni.

Dopo che all’ex marito è stata sospesa la responsabilità genitoriale, è lei l’unico riferimento per le piccole. E lei non desidera nulla d’altro se non rimanere accanto a quelle bambine che hanno già sulle spalle tante sofferenze, sballottate da una famiglia all’altra, poi da una comunità emiliana a una pugliese fin dai primi mesi di vita. Ma Myriana è consapevole che, rimanendo in Puglia con le sue piccole, rischia di perdere il lavoro a Bologna dove da anni fa la colf, e dove ha un piccolo, dignitoso appartamento. Senza lavoro non potrebbe più pagare l’affitto. E non potrebbe più dimostrare al Tribunale, dove è in corso il procedimento per la collocazione definitiva delle due bambine, di avere mezzi sufficienti e abitazione idonea a farle crescere con tutto quanto necessario. È un filo sottilissimo di speranza quello a cui è legata questa donna ucraina.

«Se i giudici decidessero entro poche settimane di assegnarmi in via definitiva le bambine, potrei tornare a Bologna con loro riprendere il lavoro e assicurare alle mie figlie tutta le cura e la tranquillità di cui hanno diritto dopo quanto successo in questi anni». Ma siamo alla vigilia delle ferie, sul Tribunale pugliese, come su tutti gli altri uffici giudiziari minorili da Nord a Sud, gravano migliaia di casi in attesa di valutazione, e ci sono altre complicazioni giudiziarie che non permetterebbero di chiudere la causa civile. Ma più i giorni passano, più la situazione s’aggroviglia. Già sei anni fa, quando tra lei e il marito è esplosa una conflittualità pesantissima, Myriana aveva compreso di non poter contare sull’aiuto delle istituzioni pubbliche. Dopo aver lasciato la casa in cui abita con il marito e le due piccole, in un paesino della provincia di Reggio Emilia, si rifugia da un’amica a Bologna, dove già viveva prima del matrimonio. «Le bambine avevano 4 e 12 mesi, non ce la facevo più a stare in quella casa».


Emergono altri casi drammatici, oltre a quelli finiti nell’inchiesta della Val d’Enza. Situazioni come quella di Myriana, mamma ucraina da tanti anni in Italia, che mostra tutte le incongruenze del nostro sistema

Denuncia ai servizi sociali di subire violenze da parte del marito e cerca una sistemazione accettabile per lei e le sue bambine. «Sono stata ospite anche per due mesi al Centro antiviolenza del Comune di Montecchio ma poi sono stata costretta ad andarmene». La sua vicenda finisce così ai servizi sociali della Val d’Enza che tentano una mediazione tra i due ex. Nelle decine e decine di pagine delle relazioni si coglie una tendenza già emersa con chiarezza nei casi ora all’esame della magistratura, soprattutto dove, a proposito dei genitori, si dice: «se entrambi non riusciranno a garantire un clima adeguato al benessere delle minori… si rimanda alla possibilità che entrambi vengano limitati nella loro responsabilità genitoriale e che le minori vengano affidate al servizio sociale».

Ma la situazione si trascina penosamente per altri due anni, senza che né il Tribunale né i servizi sociali intervengano con una decisione risolutiva. «Il mio avvocato ha a lungo sollecitato la definizione di un piano di incontri in cui si stabilisse come e quando io potessi vedere le mie bambine. Ma dai servizi sociali della Val d’Enza non è mai arrivato nulla». Nel frattempo il Tribunale ordinario di Reggio Emilia boccia l’accordo tra i due ex, secondo cui le piccole possono vivere stabilmente con la madre e stare con il padre nei week end, e decide l’affidamento al padre. E l’uomo, qualche mese dopo, senza comunicare nulla, vende la casa in provincia di Reggio e si trasferisce nel paese natale in Puglia. A Maryana il mondo sembra crollare addosso. Chiede nuovamente aiuto ai servizi sociali, al tribunale, agli avvocati. Ma le risposte sono desolanti: «Non è più di nostra competenza ».

Lei non s’arrende. Lascia tutto e va in Puglia dove comincia una nuova battaglia. Anche qui la gimkana giudiziaria è estenuante. Fino a che, qualche settimana fa, il curatore speciale del minore nominato dal Tribunale, accertato dopo una serie di incontri protetti che le bambine hanno un forte legame con la mamma nonostante gli anni di lontananza, dispone il collocamento presso una struttura protetta residenziale, fino al momento in cui non ci sarà la sentenza definitiva. Ora sono tutte insieme in attesa del giudizio finale. Ma fino a quando? Difficile stabilirlo.

Myriana vorrebbe che fosse domani, naturalmente, o almeno entro la fine d’agosto che è il termine indicato dai suoi datori di lavoro per rientrare a Bologna. Dopo di che il suo posto non sarà più garantito e lei dovrà ricominciare tutto da capo. Ma nel frattempo, senza lavoro, come potrà pagare l’affitto? E come farà ad occuparsi delle bambine? E quale sarà la valutazione del giudice di fronte alla sua nuova situazione di difficoltà economica? Facile prevedere che, non potendo essere affidate alla madre, ed essendo stata sospesa la potestà genitoriale al padre, le piccole finiranno prima per essere affidate ai servizi sociali, e quindi ne verrà decretata l’adottabilità. Tutto secondo la legge, naturalmente. Nessuna irregolarità, nessun abuso di potere.

Ma è lecito chiedersi quanto sia giusto un sistema che, di fronte a una madre non ha alcuna pendenza penale e di cui è stata riconosciuta la capacità genitoriale – con tanto di relazione firmata da un curatore minorile – non sembra riuscire a trovare il modo per rendere giuridicamente compatibile ciò che dovrebbe apparire umanamente indiscutibile: permettere a due bambine di 5 e 6 anni di crescere serenamente con la mamma che amano e da cui sono riamate.

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