sabato 23 aprile 2016
Le cartelle cliniche? Erano in bagno
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Nel bagno, sparse ovunque, anche sul water. Così gli investigatori della Guardia di finanza hanno trovato le cartelle cliniche del reparto di ostetricia e ginecologia degli Ospedali riuniti di Reggio Calabria, finito nel ciclone per l’inchiesta sui gravissimi casi di malasanità, poi nascosti proprio tra quelle carte. «È una situazione incredibile, esemplare dello stato di degrado in cui si trova la sanità calabrese, lo 'stato dell’arte' dei nostri ospedali», commenta così il procuratore aggiunto Gaetano Paci che ha coordinato l’indagine col sostituto Roberto Di Palma. Documenti delicatissimi e preziosissimi su cui gli inquirenti stanno ulteriormente lavorando. «Per ora la nostra indagine si è limitata a un breve periodo del 2010 – spiega il procuratore Paci – ma il modus operandi non è cambiato negli anni successivi, fino al 2015. Già da alcuni elementi abbiamo la conferma che c’è altro». L’attenzione degli investigatori si è già concentrata su alcuni casi che stavano per essere archiviati e che alla luce di quanto scoperto con l’attuale inchiesta ora acquistano nuova luce. «Gli accertamenti effettuati presso il Registro Generale delle notizie di reato – si legge infatti nell’ordinanza del gip Antonio Laganà – hanno consentito altresì di verificare l’esistenza di ulteriori pro- cedimenti penali, recanti nr. 589/2013 RGNR, nr. 1325/13 RGNR e nr. 1974/2014 RGNR, rispetto ai quali il pubblico ministero titolare delle indagini aveva originariamente formulato richiesta di archiviazione; richiesta revocata in data 14 marzo 2016, a fronte degli esiti investigativi emersi nell’ambito del presente procedimento che hanno evidenziato l’esistenza di un sodalizio criminale finalizzato alla sistematica alterazione delle cartelle cliniche delle pazienti ricoverate presso l’U.O. di Ostetricia e Ginecologia degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, nonché di quelle relative alle gestanti ed ai neonati venuti alla luce nel predetto reparto e rispetto ai quali sono opportuni ulteriori approfondimenti istruttori». Il primo caso, prosegue l’ordinanza, «riguarda il decesso del piccolo Kumar Hartai, venuto al mondo il 22/1/2013 e frettolosamente dimesso in data 25/1/2013». Nuovamente ricoverato il 28/1 nello stesso ospedale dove «a seguito di un grave ed ormai irreversibile peggioramento decedeva in data 31/1». Altro caso è quello di Elena Capretti «ricoverata il 9/3/2013 in seguito a copiose perdite ematiche iniziate al termine dell’ottavo mese di gravidanza». Anche lei viene «frettolosamente dimessa» ma poi il 12/3 non sentendo più i movimenti del bimbo viene nuovamente portata dal marito in ospedale «ove si accertava l’avvenuto decesso del neonato». Infine la drammatica vicenda di Assunta Olindo, incinta di due gemelli. Il 6 febbraio 2014 viene ricoverata «a seguito di copiose perdite ematiche e sottoposta a visita dall’ostetrica di turno che le rappresentava la necessità di procedere al ricovero immediato ed all’intervento di cerchiaggio del collo dell’utero. Nondimeno la paziente veniva frettolosamente dimessa da altro medico del reparto, senza procedere all’esecuzione del predetto intervento». Nuovamente ricoverata «in data 10 febbraio 2014, la donna abortiva per via indotta, per evitare infezioni ed in data 12 febbraio 2014 anche il secondo feto si scostava dall’utero attuando un secondo aborto». Vicende che stavano per essere archiviate e sulle quali ora la procura intende andare fino in fondo.
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