giovedì 7 aprile 2016
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Da Libera a Transparency, ecco i progetti per ridare trasparenza alle Asl Per fermare le scorrerie dei barbari che imperversano in corsia sotto mentite spoglie, il primo passo è quello di incoraggiare chi davvero ha a cuore la salute. Del cittadino e del sistema sanitario. Le buone pratiche partono da qui, dalla valorizzazione di migliaia di dirigenti, primari e infermieri onesti che hanno tutto l’interesse a denunciare il marcio che c’è e non si vede. «Tre anni fa abbiamo lanciato il progetto 'Illuminiamo la salute', chiamando a raccolta tutte le Asl. L’obiettivo era verificare l’adozione di piani anticorruzione e insieme il coinvolgimento dei tre livelli direttivi nel rispetto della normativa. La risposta c’è stata, ora il monitoraggio dal basso deve continuare» spiega Leonardo Ferrante, referente anticorruzione di Libera che insieme ad Avviso Pubblico, Coripe e Gruppo Abele ha promosso questa iniziativa. Anche Transparency Italia, che ieri ha presentato il rapporto con Censis e Ispe-Sanità, ha messo a punto un progetto di formazione e prevenzione, individuando quattro strutture sanitarie pilota per sperimentare sul campo l’efficacia di alcuni strumenti in chiave anti-tangenti. Da Bari a Melegnano, da Siracusa a Trento, si punta innanzitutto a far emergere procedure comuni di condivisione dei dati e modalità efficaci per segnalare pratiche illegali. È un altro modo per tentare di rompere la cappa soffocante che a volte opprime chi opera in questo settore. «Abbiamo scelto aree differenti, dal punto di vista geografico e sociale. Si tratti di possibili infiltrazioni criminali nel sistema degli appalti, oppure di relazioni pericolose tra pubblico e privato, o addirittura di casi di eccellenza – racconta il direttore esecutivo di Transparency, Davide Del Monte – vogliamo capire come le Asl creano e condividono migliaia di dati necessari per una corretta informazione verso il pubblico. Non solo: a questo, va aggiunta anche la necessità di prevenire fenomeni corruttivi». Proteggere chi parla La via per proteggere chi rompe il muro di silenzio in corsia è tuttavia in salita e passa dalla garanzia dell’anonimato per chi denuncia pratiche illecite. «Il problema è che ciascun ente pubblico fa come gli pare e non esiste un quadro omogeneo di norme e comportamenti, tale da incentivare scelte virtuose – spiega Alberto Vannucci, docente di Scienza politica all’Università di Pisa –. Vuole un esempio? Un dipendente di un’Asl decide di rendere pubblico un giro di mazzette e lo fa consegnando un foglio in busta chiusa al proprio dirigente. Chi può garantire che questa denuncia arrivi alle autorità competenti? E quale riservatezza viene garantita alla persona che si fa avanti?». Uno dei nodi da sciogliere è proprio questo: la tutela della privacy per chi si prende la responsabilità di uscire dal buio e «illuminare» una situazione illegale, senza il rischio che possa subire ritorsioni. Un altro passo necessario per rendere gli ospedali delle autentiche 'case di vetro' è quello di scoperchiare tutti i conflitti di interesse, «numerosissimi nelle Asl» sottolinea Ferrante. Nei percorsi formativi proposti dal piano 'Illuminiamo la salute', sono diverse le simulazioni condotte sui dipendenti sanitari, per affrontare le loro preoccupazioni e i loro dubbi. «C’è la necessità di uno sportello per ascoltare domande e ricevere proposte da parte di tantissime persone oneste, che si spendono in buona fede per il bene del Servizio sanitario nazionale». Oltre i commissariamenti Mentre si tenta la via delle buone pratiche, peraltro, non va dimenticato che, oltre al fenomeno corruttivo in sé, il mondo degli appalti sanitari fa gola direttamente alle cosche e alla criminalità organizzata. Il risultato? A oggi quattro aziende sanitarie sono state commissariate per infiltrazioni: si tratta dell’Asl di Locri, dell’Asp di Vibo Valentia, dell’Asl di Pomigliano d’Arco e dell’Asl di Reggio Calabria. In tutti e quattro i casi è stato riscontrato il medesimo modus operandi: sostanziale caos amministrativo, gestione clientelare del personale, abusi nelle attività di fornitura e appalto, con affidamento dei lavori ad aziende vicine all’ambiente mafioso, abusi nella gestione delle strutture private accreditate e collegamenti tra mafia e politica. Cambiare lo stato delle cose richiede dunque un impegno decennale. Quanto al progetto di Transparency, «i primi risultati si vedranno già nelle prossime settimane e non è affatto detto che le quattro strutture pilota si rivelino come altrettanti modelli virtuosi – osserva Del Monte –. Al contrario, è importante che vengano fuori eventuali problemi di conoscenza delle norme e di relativa loro applicazione». E se il 'sistema' alla fine si rivelasse impermeabile alle denunce? La risposta di chi ha scommesso sulla legalità è univoca. «È un interrogativo che non si pone. Noi vogliamo far capire esattamente il contrario. In un contesto in cui il lavoratore si sente tutelato, le segnalazioni di possibili clientele e casi di illegalità arrivano». È dunque una lotta all’omertà, in ultima analisi, quella cui si dovrà sottoporre, volente o nolente, tutta la sanità italiana. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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