lunedì 4 marzo 2013
L’Istituto per la ricerca sociale: aumenta il lavoro in nero. Nel nostro Paese in molti non possono più permettersi una collaboratrice domestica a tempo pieno e tante donne rimaste senza impiego scelgono di dedicarsi ai familiari anziani o disabili.
COMMENTA E CONDIVIDI
​Le rotte migratorie si possono percorrere anche al contrario: l’Italia non è più una meta ambita ma un Paese da lasciarsi alle spalle, spesso senza rimpianti. Una tendenza difficile da tradurre in cifre ma comunque significativa. Il numero delle cancellazioni anagrafiche per l’estero dei cittadini stranieri è verosimilmente sottostimato – spiega L’Istat – e non riesce a rilevare il fenomeno nella sua reale dimensione. Nonostante ci sia l’obbligo per chi lascia il Paese per un periodo superiore ai dodici mesi di comunicare all’anagrafe il cambio di residenza, pochi si prendono la briga di adempiere alla prescrizione, non comportando la cancellazione alcun vantaggio. Tra il 2002 e il 2011 si riscontrano 175mila uscite dal Paese relative a cittadini stranieri ma ammonta a 281mila unità il numero di cittadini stranieri cancellati dalle anagrafi per irreperibilità. A questi vanno sommati quelli che nelle anagrafi non sono mai rientrati, non avendo ottenuto un permesso di soggiorno regolare. Impossibile estrapolare dal dato complessivo quello specifico, sapere quante badanti hanno percorso in maniera definitiva la via verso casa. Ma l’esodo al contrario è già cominciato. Colpa della crisi che ha colpito le datrici di lavoro delle badanti, in moltissimi casi costrette a rinunciare all’aiuto domestico per dedicarsi esse stesse alla cura delle persone anziane o disabili presenti in famiglia. «Non solo molte donne si sono ritrovate senza un impiego e quindi si sono assunte l’onere di accudire i familiari bisognosi di assistenza – spiega Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes – ma molte sono diventate dirette concorrenti delle badanti straniere nella ricerca di un’occupazione». Cresce il numero delle italiane che si offrono per lavori a ore legati alla cura della casa e delle persone, diffusamente si registra l’aumento di iscritte italiane ai corsi di formazione per assistenti familiari e il crescere delle richieste di iscrizione agli sportelli che incrociano la domanda con l’offerta di assistenza.La crisi del mercato regolare, però, potrebbe segnalare anche un ritorno del lavoro nero: diminuendo la capacità di spesa, aumenta la tentazione di risparmiare sul versamento dei contributi. Anche in questo caso avere cifre precise è quasi impossibile «ma secondo le nostre stime – spiega Giselda Rusmini, ricercatrice dell’Istituto per la Ricerca Sociale, che insieme al collega Sergio Pasquinelli ha analizzato a fondo il problema – è una tendenza in crescita evidente». Dalle indagini condotte dai due ricercatori in Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna il 26% delle badanti straniere non ha né il permesso di soggiorno né un contratto regolare, mentre il 36% è in regola con i permessi ma non ha un contratto. «Ci sono numerosi riscontri che arrivano dagli sportelli che incrociano domanda e offerta e dai centri sociali – spiega Rusmini – di un netto calo delle richieste di assistenti familiari in regola». «Nel settore della collaborazione domestica si continua ad assumere ma il sommerso  – conferma Raffaella Maioni, responsabile di Acli Colf – resta comunque molto consistente». Maioni sottolinea anche un altro aspetto del problema: «Diminuiscono le ore richieste alle collaboratrici e alle badanti, cala il numero di quanti si possono permettere un’assitenza domiciliare a tempo pieno».A spingere le donne straniere sulla via di casa non sono solo il bisogno e la crisi economica: «Qualche volta, al contrario, e un miglioramento della condizione nel Paese di provenienza. Alcune – spiega ancora Gian Carlo Perego – tornano per fare le nonne e accudire i nipotini. Parecchie tra le moldave e le ucraine arrivano in Italia già quarantenni o cinquantenni, si lasciano alle spalle figli cresciuti, magari già con una famiglia propria. E racimolati un po’ di soldi tornano potendosi permettere un tenore di vita migliore».Secondo le stime della Fondazione Migrantes, negli ultimi tre anni mancano all’appello almeno centomila badanti: «C’è anche un aspetto positivo, se vogliamo. Perché – prosegue il direttore della Fondazione Migrantes – per molte straniere il lavoro di assistenza è un ripiego. Tante sono laureate  e a volte riescono a far riconoscere il loro titolo di studio riuscendo poi a ottenere un lavoro più qualificato».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: