sabato 1 novembre 2014
​La campagna "Mettiamoci in gioco" annulla il protocollo firmato il 18 ottobre con le imprese che aveva destato perplessità.
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Niente accordi formali tra chi combatte l’azzardo e l’industria dell’azzardo. Il protocollo tra Mettiamoci in gioco – il cartello di istituzioni, comunità, associazioni, sindacati e organizzazioni del terzo settore costituitosi nel 2012 per condurre una campagna contro i rischi dell’azzardo – e Sistema Gioco Italia – che riunisce i concessionari del gioco d’azzardo di Confindustria – nella tarda serata di ieri è saltato. Non una sorpresa. Fin dall’inizio all’interno del cartello s’erano levate voci critiche, e probabilmente le stesse trattative che avevano condotto al protocollo non avevano brillato per chiarezza, tanto da far parlare a qualcuno di una sorta di «alleanza» contro natura.  I sostenitori del protocollo, tra cui il portavoce della campagna, don Armando Zappolini, ritenevano e ritengono il dialogo, perfino con l’industria dell’azzardo, un passo opportuno per arrivare all’obiettivo di una legge quadro sul gioco d’azzardo. Ma le due sensibilità presenti nel cartello erano e sono molto distanti. Lo scorso 18 ottobre Mettiamoci in gioco, in un comunicato, precisava che «il protocollo non sigla alcuna 'alleanza' della campagna con i concessionari  e «l’opportunità di aprire un confronto con le imprese di Confindustria nasce esclusivamente dalla volontà di arrivare in tempi brevi a una legge quadro sul gioco d’azzardo». Ieri sera Zappolini era ancora convinto che l’esistenza eventuali di punti strategici comuni su cui trovare un accordo sia necessario: «Il dialogo deve continuare, anche senza un formale protocollo». Il testo era stato criticato anche per l’inserimento di una «clausola di riservatezza », che per i favorevoli serviva a tutelare le due parti nella comunicazione verso l’opinione pubblica, per i contrari era un semplice voler nascondere qualcosa mentre tutto doveva avvenire alla luce del sole. Altra perplessità, il non usare mai l’espressione «gioco d’azzardo», per i favorevoli dettato da pure motivazioni giuridiche. «Cerchiamo di non aprire un conflitto interno tra noi», era l’invito finale del comunicato del 18 ottobre. Evidentemente non è servito. Il fronte delle voci critiche nei confronti di una Confindustria, con la quale il confronto è sempre stato assai aspro (basterebbe rileggere certe lettere indirizzate al nostro giornale, da sempre in prima fila nella campagna contro il gioco d’azzardo), alla fine è prevalso. Ieri una voce del fronte critico, Carlo Cefaloni, portavoce di Slot-mob, ribadiva: «Il dialogo aperto in vista del bene comune è necessario, ma senza un protocollo, perché noi e Confindustria abbiamo finalità troppo diverse». Banale e sciocca l’accusa di proibizionismo: «Noi rifiutiamo la logica del semplice contenimento del danno, come ogni profitto ingiusto sulla pelle delle persone».
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