martedì 10 dicembre 2019
Sono un milione e duecentomila in Italia i lavoratori domestici non dichiarati, cioè senza un contratto
Il sindacato Assindatcolf: servono ingressi "ad hoc" per personale domestico, ora una sanatoria per i non comunitari. Entro il 2025 la domanda di assistenza agli anziani in famiglia aumenterà del 9%

Il sindacato Assindatcolf: servono ingressi "ad hoc" per personale domestico, ora una sanatoria per i non comunitari. Entro il 2025 la domanda di assistenza agli anziani in famiglia aumenterà del 9% - Ansa

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Il “buco fiscale” che scaturisce dal lavoro nero di colf e badanti, in Italia, ammonta a 2 miliardi di euro. Lo dice il Rapporto dell’associazione datoriale Domina e della Fondazione Leone Moressa che sarà presentato giovedì al Senato. L’emersione di un milione e 200mila addetti irregolari, porterebbe infatti alle casse dello Stato 1,4 miliardi di contributi previdenziali e 645 milioni di Irpef. Dalla ricerca risulta anche che la spesa totale sostenuta dalle famiglie italiane per i lavoratori messi in regola è pari a 7 milioni (5.684 per la retribuzione, 976 per i contributi, 421 per il Tfr).


Sono un milione e duecentomila in Italia i lavoratori domestici non dichiarati, cioè senza un contratto. Un esercito “sommerso” che coincide con la metà circa degli occupati nel settore, costituito da 2.055.526 addetti tra colf, badanti e baby sitter, i quali producono l’1,25% del Pil nazionale e rappresentano l’8,2% del totale dei lavoratori italiani, tutti a carico delle famiglie.

Un fenomeno, quello degli irregolari che assistono anziani o svolgono mansioni da casalinghe, in costante crescita negli ultimi dieci anni, stando ai dati diffusi ieri da un dossier dall’associazione dei datori di lavoro domestico Assindatcolf e dal Centro Studi e Ricerche Idos.

Inoltre, dal 2012 ad oggi il comparto ha perso 210mila posti tra quelli censiti dall’Inps, andando a rimpolpare la sacca del lavoro nero, una piaga sociale – e un buco fiscale di 2 miliardi per lo Stato – che interessa oltre 200mila extracomunitari privi di documenti e quindi senza coperture contrattuali e previdenziali: è il 38% dei 530mila stranieri presenti in Italia alla fine del 2018 con il permesso di soggiorno non in regola. Sono di origine filippina, cingalese, pachistana o proveniente da Paesi dell’Est europeo le persone (per l’88,3% donne) che si rendono disponibili a fare le collaboratrici domestiche, lavori ritenuti umili e spesso rifiutati dagli italiani perché ritenuti tropo usuranti.

È per questo che il tasso crescente d’invecchiamento della popolazione porterà, in base alle stime elaborate da Assindatcolf, a un fabbisogno di circa 60mila nuovi ingressi in Italia di stranieri per lavoro domestico nei prossimi sei anni, a fronte di un incremento del 9% della domanda di sole badanti previsto nel 2025. Ma è dal 2012 che il governo non vara un decreto di programmazione transitoria dei flussi d’ingresso dei lavoratori non comunitari per impieghi stagionali. E rimuovere il “blocco” è quello che chiede, innanzitutto, l’associazione dei datori di lavoro.

«Siamo stanchi di farci dire che sono le famiglie ad assumere in nero colf e badanti o che sono gli stessi lavoratori a non voler essere messi in regola – commenta Andrea Zini, vicepresidente di Assindatcolf e della federazione europea della categoria – perché se questi “sfuggono” dipende soprattutto dallo Stato che non fa la sua parte: occorre ripristinare una programmazione dei flussi e introdurre la deducibilità dei costi del lavoro che gravano sulle famiglie (agevolazioni fiscali che consentirebbero, tra l’altro, salari più alti). Servono anche interventi di welfare, sostegni economici a chi da lavoro».

Ma gli irregolari vanno riconosciuti per garantire loro i diritti e allo Stato le entrate finora inevase. «La strada può essere quella di una sanatoria dedicata ai non comunitari – dice Zini – per regolarizzare il loro status giuridico, oppure quella di una procedura di emersione estesa a tutti gli occupati in nero del settore domestico stimati, tra italiani e stranieri».

Sul tema interviene anche il presidente di Idos, Luca Di Sciullo: «Negli ultimi otto anni – afferma – a causa di decreti flussi che hanno riguardato quasi esclusivamente lavoratori stagionali e conversioni dei permessi per non comunitari già presenti in Italia, si è attuato un blocco degli ingressi di forza lavoro aggiuntiva stabile in Italia, che da una parte ha indotto molti migranti economici a percorrere la via della domanda d’asilo (aumentando così i rigetti e creando maggiore irregolarità) e dall'altra ha lasciato scoperto un bisogno crescente di assistenza domiciliare da parte delle famiglie, già trascurate nella programmazione degli ingressi di lavoratori stranieri anche prima del 2011».


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