lunedì 5 marzo 2018
Il centrosinistra ottiene il 34% dei consensi e va bene soprattutto a Roma. Il centrodestra di Stefano Parisi al 30%, mentre il M5S si ferma al 27%
Secondo mandato. Nicola Zingaretti confermato presidente della Regione Lazio (Ansa)

Secondo mandato. Nicola Zingaretti confermato presidente della Regione Lazio (Ansa)

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Dall’inizio avanti, ma con Stefano Parisi che tallona. La riconferma del governatore uscente Nicola Zingaretti arriva a tarda sera, quando ormai la distanza con lo sfidante di centrodestra è arrivata oltre i quattro punti percentuali. A volerlo di nuovo al vertice della regione il 34% dei cittadini, con il centrodestra di Parisi che si ferma invece attorno al 30%. Il Movimento 5 Stelle al contrario non brilla così tanto come alle politiche, fermandosi con Roberta Lombardi di poco sotto il 27% nonostante il partito risulti primo un po’ ovunque nelle cinque province e Sergio Pirozzi ad un soffio dal 5%. Ma al di là dei risultati, è il dato dell’affluenza a rendere questa vittoria con l’amaro in bocca: nel Lazio infatti sono andati a votare poco più di un cittadino su due (66%), otto punti in meno rispetto alle ultime elezioni regionali di cinque anni fa.

«Ci credo, ci sono le possibilità di vincere. È un testa a testa», le poche parole con cui Parisi nel tardo pomeriggio descriveva una partita «ancora tutta aperta», entrando nel suo quartier generale. Mentre dal comitato elettorale di Zingaretti al Tempio di Adriano la parola d’ordine restava cautela, tanto che non arrivava nessun commento ufficiale nemmeno dopo che le sezioni scrutinate avevano superato il giro di boa.

Silenzio anche quando le proiezioni sulle 5.285 sezioni del Lazio consegnano Zingaretti ormai al secondo mandato; una vittoria importante nella tempesta che travolge il partito di Renzi e che, a differenza delle politiche, si avvale dell’apporto anche di Leu, oltre che di Insieme, +Europa, Lista civica Nicola Zingaretti e Centro solidale per Zingaretti. Fuori dalla coalizione invece la lista Civica popolare di Beatrice Lorenzin, che ha appoggiato la corsa dell’ex veltroniano Jean-Léonard Touadi e che con CasaPound e Potere al popolo raccoglie le briciole.

Quel «piccolo miracolo», come lo ha definito Parisi, di arrivare così vicini alla poltrona più alta del palazzo della Regione, quando venti giorni fa «i punti di distanza erano 20» con lo sfidante, insomma non è bastato a raddoppiare la vittoria del centrodestra unito come in Lombardia. A complicare le cose, secondo il leader di Energie per l’Italia, proprio la spaccatura del fronte di destra con la discesa in campo del sindaco terremotato di Amatrice, Sergio Pirozzi.
«La sua proposta pesa perché è stata una candidatura inutile. Non ha avuto senso di responsabilità», taglia corto Parisi.

Annullato il punto stampa, la candidata grillina Roberta Lombardi affida ad un post su Facebook il commento del risultato elettorale. «Sapevamo che sarebbe stato difficile, il voto regionale è sempre una partita a sé e abbiamo raggiunto un risultato molto importante – scrive in un post – abbiamo incrementato i consensi territoriali rispetto al 2013 e per questo possiamo ritenerci soddisfatti». Lei che «sente di aver ottenuto la sua vittoria», anche perché «non ho mai mollato», dice che da oggi tornerà «a fare la mamma».

Quando ancora i risultati non sono definitivi, a parlare è anche il sindaco di Amatrice, secondo cui si è arrivati «a un risultato straordinario, senza partiti dietro, con una scarpa e uno scarpone (il simbolo della sua lista, ndr). Credo che questo basti a dare il senso di un risultato straordinario». E allo sfidante del centrodestra che lo accusa di aver ostacolato la sua vittoria replica: «La gente non lo ha voluto e non lo ha votato».

A guardare la mappa dei risultati (anche se parziali), la prima cosa che balza agli occhi è la distribuzione dei partiti nel Lazio, con la vittoria netta del governatore uscente soprattutto nella città di Roma, dove stacca di dieci punti percentuali lo sfidante di centrodestra. È in provincia, soprattutto a Latina, Viterbo e Frosinone, che infatti quest’ultimo recupera il divario, quasi dimezzandolo alla fine. Una rimonta che però non basta. Il successo di Zingaretti difatti, oltre che dal lavoro amministrativo degli ultimi 5 anni – in particolare l’uscita dal commissariamento sanitario, il rinnovo delle flotte gomma e ferro per i pendolari, il risanamento finanziario – nasce dall’ampia coalizione che è riuscito a coagulare attorno al suo nome. In particolare l’accoppiata Pd-Leu – non riuscita in Lombardia – è stata dirimente; poi +Europa, i socialisti-verdi di Insieme e due liste civiche che hanno fatto la differenza: quella omonima del presidente (che include anche pezzi degli ex-Pisapia e Sel) e il Centro solidale, di forte impronta cattolico-sociale. Un centrosinistra ampio e unita, insomma, che riesce a vincere. E che ora dovrà tornare a governare il Lazio.

LO SCRUTINIO IN TEMPO REALE

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