mercoledì 6 aprile 2016
A 7 anni dal sisma centinaia di gru ricostruiscono la città e i paesi della cintura.
Riecco l'Aquila. Ma torni vecchia di Giovanni D'Alessandro
I mille cantieri che ricostruiscono l'Aquila
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Il messaggio sullo storico bar Nurzia in centro dovrebbe intristire. Invece in quel cartello – chiuso dal 6 aprile 2016, ci siamo trasferiti in corso Federico II – si nasconde una buona notizia: un altro aggregato che riparte nel cuore dell’Aquila. Costringendo, però, ad un nuovo trasloco i pochi negozi che in questi anni avevano riaperto con agibilità parziale nella zona rossa. Ormai sono tanti – si vedono e si sentono – i lavori di ricostruzione delle vie centrali: 263 entro le mura cittadine, 424 fuori. E passano quasi in secondo piano i mille giorni di media di cantiere che ogni palazzo richiede in questa area. Si ricostruisce. E questo basta. Appena si entra sul corso centrale, infatti, si viene avvolti dall’odore di polvere e pittura fresca. Ma lo si deve fare in una mattina qualunque, lontano dallo stop alle ruspe nel giorno di lutto cittadino indetto per il settimo anniversario del terremoto che nel 2009 fece 309 vittime e oltre 70mila sfollati. Perché in quei giorni le pietre, ora ingabbiate, raccontano di secoli di storia e tradizioni popolari. Ci si avvicina in punta di piedi e con la stessa commozione della prima ora alla fiaccolata di luce di commemorazione dei 30 secondi che scossero l’intero Abruzzo, la notte del 6 aprile. Solito percorso, dalla Casa dello Studente in cui morirono otto universitari passando per i palazzi-ecatombe fino ad arrivare davanti alla centralissima chiesa delle Anime Sante dove 309 rintocchi di campana scandiscono la lettura dei nomi delle vittime all’ora del sisma, le 3.32. Poco prima la veglia di preghiera nella cappella della Memoria e la celebrazione eucaristica con l’arcivescovo Giuseppe Petrocchi. Stesso programma, ma anche stesso dolore, per chi è morto intrappolato in case insicure. La vita ormai in questi anni si è spostata nelle periferie, per la gran parte già ricostruite. E nuove attività commerciali hanno riaperto proprio accanto ai villaggi antisismici costruiti a raggiera intorno al capoluogo, in cui vivono ancora 8mila persone. Così ad ovest il Comune di Coppito e la vicina Scoppito hanno quadruplicato la loro popolazione, mentre le 12 piccolissime frazioni di quella zona in attesa della ricostruzione rischiano di spopolarsi. Ad est invece, subito dopo i tre villaggi abitativi che vivacizzano la statale per Popoli, svettano nel verde più di una trentina di gru. Gialle, rosse, blu. Sono il simbolo delle frazioni e del cratere che sta uscendo dalla palude burocratica in cui era finito negli ultimi anni. Qui si contano più di mille cantieri in corso. Fino ad oggi, infatti, l’Ursc (Ufficio speciale per la ricostruzione del cratere) ha stanziato 294 milioni di euro, che hanno permesso di far tornare di nuovo abitabili 5.300 abitazioni, anche se ne restano inagibili ancora 20mila quasi tutte nei centri storici. «Abbiamo imboccato la strada giusta – spiega Francesco di Paolo, primo cittadino di Barisciano e portavoce del coordinamento sindaci del cratere – si avanza speditamente, però non tutti alla stessa velocità». La stima, così, è che «nel giro di 5 anni la quasi totalità del cratere sarà rinato». Anche se parallelamente bisognerà pensare «al tessuto economico e sociale».  In questi anni lo Stato ha stanziato 21 miliardi di euro per L’Aquila e i 56 comuni più colpiti, ma il crono-programma prevede la rinascita completa solo per il 2022. «Nelle periferie la ricostruzione è stata completata per il 96-97% – è il punto fatto dal sindaco del capoluogo, Massimo Cialente – e stiamo procedendo bene nel centro storico, dove si viaggia ad una media di 100 milioni di euro ogni due mesi». Ma prepotente torna, alla vigilia della ricorrenza, il tema della prevenzione e del fascicolo del fabbricato che ne certificherebbe la sicurezza. In più, «i piani di protezione civile nelle città sono ancora virtuali», ricorda il presidente dei geologi italiani Francesco Peduto. Anche se sembrano ormai lontane le ore dei finanziamenti con il contagocce, gli aquilani non riescono a buttarsi dietro alle spalle sette anni di via crucis. Rughe sui palazzi a cui corrispondono graffi nell’anima. Che, oggi, sanguinano ancora di più.
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