sabato 12 giugno 2010
Mancano i fondi e un piano per i monumenti. Il Comune: per le abitazioni siamo allo sprint finale, ma prima di mettere mano agli edifici totalmente inagibili che rappresentano il 35% del centro storico, dobbiamo rifare l’intera distribuzione del gas. La realtà è che non si è ancora riusciti a mettere d’accordo i gestori delle reti su appalti e procedure.
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I lavori per rendere agibili le abitazioni dell’Aquila lesionate dal terremoto non partiranno prima della prossima primavera. Quelle messe peggio, in centro storico, dovranno aspettare i piani di ricostruzione. Per i monumenti, infine, non esiste ancora un progetto organico. E comunque non ci sono i soldi... Questa è la situazione del capoluogo a 14 mesi dal terremoto.«Se non apriamo subito i cantieri per ripristinare le reti del gas, dell’acqua e gli altri servizi, non potremo riportare gli aquilani a casa», si sfoga Pietro Di Stefano. Fino a dicembre era un funzionario del Provveditorato alle opere pubbliche. Il sindaco Cialente gli ha affidato l’assessorato alla ricostruzione mentre esplodevano le polemiche tra l’Ordine degli ingegneri e i consorzi incaricati di esaminare le domande dei proprietari di immobili inagibili. L’ultima protesta è di ieri ma lui assicura: «Siamo allo sprint finale, abbiamo ammesso 7.810 progetti relativi ad appartamenti ubicati in edifici B e C, su un totale di 8.800». Per le prime case il contributo sarà totale. Spesa prevista: 700 milioni, senza contare i 3.390 appartamenti A, che necessitano di interventi superficiali. Restano in alto mare gli edifici totalmente inagibili, categoria E, che rappresentano il 35% del centro storico, ma se i cantieri non partono, insiste l’assessore, dipende solo dalla città sotterranea, che va sistemata prima degli edifici lesionati. «Dobbiamo rifare - si accalora - l’intera distribuzione del gas, devastata dal sisma, e in fretta se vogliamo che la ricostruzione decolli». La realtà è che non si è ancora riusciti a mettere d’accordo i gestori delle reti su appalti e procedure. Infine, il buco nero dei monumenti. Lesionati a centinaia. L’85% delle chiese dell’arcidiocesi non è agibile, in tutto o in parte. «Chiese e palazzi sono l’anima della nostra città e vanno riparati con fondi pubblici - assicura Di Stefano -. La tassa di scopo sarà pure impopolare, ma i fondi del "gratta e vinci" individuati dal decreto 77 sono insufficienti». Lo sa bene Luciano Marchetti. Era il vice di Bertolaso ed è rimasto ad occuparsi dei beni culturali anche con il nuovo commissario, il governatore Gianni Chiodi. Per riparare i monumenti lesionati dalla scossa del 6 aprile 2009 servono 3,5 miliardi: «Questi fondi oggi non ci sono - ammette -. Li dovrà trovare il governo, perchè la ricostruzione dell’Aquila è troppo importante per tutti».Finora Marchetti ha speso 12 milioni per puntellare campanili e facciate pericolanti e ne ha impegnati altri dieci, senza contare le fatture delle gru (900mila euro) che attendono ancora un finanziamento. Ha diretto la costruzione del nuovo archivio di Stato a Bazzano e ha a disposizione 800mila euro per recuperare il patrimonio librario; nei mesi scorsi, ha gestito "Una chiesa per Natale", un progetto da 7 milioni di euro. Sempre da lui, infine, dipendono gli interventi sui monumenti adottati da Stati e fondazioni, la famosa «lista di nozze» di Berlusconi, un tesoretto da 38,6 milioni di euro, cui vanno aggiunte le sponsorizzazioni per recuperare le singole opere d’arte... Questa "centralità" l’ha portato in rotta di collissione con il Ministero dei beni culturali e gli è già costata una "limatura" delle proprie competenze, ma non è finita, perché le Sovrintendenze si preparano a investire 15 milioni nei restauri e ne rivendicano la regia, che oggi non esiste. Per quanto le ordinanze assegnino tutti i poteri a Chiodi, infatti, nel deserto finanziario dell’Aquila chiunque rintracci delle risorse pretende di utilizzarle autonomamente. Degli attriti tra il Ministero dei beni culturali e il vicecommissario abbiamo già detto; ora, sotto una coltre di gelosa riservatezza, anche il Provveditorato alle opere pubbliche starebbe individuando in proprio risorse e obiettivi. È facile prevedere il rischio di una ricostruzione spot, che proceda a singhiozzo e senza le informazioni necessarie: tanto per dirne una, nessuno ha ancora pensato alle schede di vulnerabilità sismica, che sono la premessa indispensabile per qualsiasi restauro che assicuri anche un miglioramento sismico degli edifici storici.Paolo Viana
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