giovedì 22 gennaio 2009
COMMENTA E CONDIVIDI
È triste constatare che qualcuno oggi consideri un atto di pietà affrettare la morte di una perso­na. Va invece affermato e difeso il va­lore infinito di ogni vita, e sottolinea­te le diverse esperienze che questo va­lore da più parti hanno difeso e continuano a di­fendere. Nel di­battito sull’ipo­tesi del trasferi­mento di Eluana Englaro a Rimi­ni o in altre strut­ture nelle quali alla 38enne lec­chese sarebbe interrotta l’ali­mentazione, è intervenuto anche il vescovo di Rimini con un lungo, ac­corato documento il cui titolo non la­scia dubbi: «Rimini per la vita, non per la morte». «Al momento non si sa che fondamento abbia la notizia di un trasferimento di E­luana in una struttu­ra sanitaria di Rimi­ni. - avverte monsi­gnor Francesco Lam­biasi - Sul valore sa­cro e intangibile del­la vita umana, dono di Dio, la Chiesa ha più volte fatto sen­tire con chiarezza e forza la sua voce», dal Papa al cardinale di Bologna, Car­lo Caffarra, intervenuto di recente sul tema e al quale va la solidarietà del ve­scovo di Rimini. Il quale sottolinea co­me nella sua diocesi il valore e la di­gnità di ogni vita, «anche di quelle se­gnate dalla più grande fragilità e sof­ferenza, non sono affermate solo a li­vello di principi, ma testimoniate dal­l’impegno concreto e quotidiano di tante famiglie, associazioni e singole persone». Le esperienze 'per la vita' sono diffu­se. A Rimini da anni opera la Comu­nità di Montetauro, uomini e donne consacrati che uniscono alla preghie­ra la condivisione con fratelli colpiti da gravi handicap: «Fra essi - fa nota­re Lambiasi - anche un sacerdote, don Mauro Evangelisti, affetto da Sla, che continua il suo apostolato con la te­stimonianza di serenità e di grande fe­de ». E prima ancora Mario Concetti, per 18 anni in lotta con la stessa ma-­lattia eppure abbracciato alla vita. E come non ricordare don Oreste Ben­zi di cui è stato ricordato il primo an­niversario della morte? «Il fondatore dell’Associazione papa Giovanni XXIII ha impegnato tutta la sua esistenza a richiamare e difendere il valore di o­gni vita, da quella appena concepita fino alla sua naturale conclusione». Tra le esperienze significative il ve­scovo di Rimini cita anche il babbo e la mamma di Davide, 38 anni, da ot­to stagioni nelle condizioni di Eluana: «L’abbozzo di un sorriso o uno sguar­do, anche se nel vuoto di Davide sia­no per loro motivo di serenità e forza per vivere». «È davvero sorprendente e motivo di infinita amarezza - prosegue Lambiasi - che, mentre ci sono persone dispo­ste a curare, assistere, amare un fra­tello o una sorella, a considerarle sempre e in qualunque si­tuazione si trovino un valore e una di­gnità intangibile e sacra, altri consideri­no un atto di pietà af­frettare la loro mor­te ». L’invito è alla pre­ghiera «perché non venga meno in nes­suno la speranza, la volontà di anda­re avanti, la serenità. Allora potremo dire che la vita e le sofferenze di Elua­na non sono vane». Contro le prospettive di 'esecuzione forzata' che vorrebbero coinvolgere anche la città adriatica, si è alzato il grido di una quindicina di associa­zioni pro life riminesi. Di fronte alla richiesta di interrompere l’alimenta­zione. «Né a Rimini né altrove», au­spicano i firmatari, da Scienza&Vita ai Movimenti per la Vita a Medicina e Persona. «Ipotizzare di mettere a di­sposizione le strutture dell’Asl per ac­celerare la morte di Eluana, è un di­sprezzo per i 13 direttori di hospices emiliano-romagnoli che hanno rifiu­tato di partecipare a una operazione di morte, è un disprezzo per tutti i ma­lati accolti nell’hospice». «Motivo di infinita amarezza che ci siano persone disposte a considerare un atto di pietà affrettare la morte di un fratello»
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: