martedì 2 gennaio 2018
Oggi i funerali dell’anziana uccisa sabato in strada in una sparatoria tra bande
L'altra Bitonto che aiuta i minori difficili
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Non c’è solo la Bitonto che spara e uccide. C’è anche la Bitonto che spera e prova a ricostruire la vita. Anche quella di chi ha sbagliato. Luigi ci tiene a mostrarmi i lavoretti in legno preparati per le festività: l’immagine stilizzata di un adulto e di un bambino uniti da un grande cuore. Francesco mi fa vedere con orgoglio il mobiletto che ha appena finito di scartavetrare e poi verniciare di un azzurro intenso. «Guarda, lo abbiamo riciclato». Già, recuperato dai rifiuti e riportato a nuova vita. Oggetti e persone. Qui si prova a riciclare gli scarti dell’umanità, o a evitare che lo si diventi. Come provano a fare anche Luigi e Francesco, ospiti del centro 'Chiccolino', gestito del 2003 dalla cooperativa sociale Eughenia, guidata da Patrizia Moretti e Michele Bulzis, moglie e marito, lei educatrice professionale, lui giudice onorario al Tribunale per i minorenni di Bari, con l’identica «vocazione» (lei la chiama proprio così) nata in parrocchia tra oratorio e catechismo, quella di lavorare coi bambini e i ragazzi difficili «perché crediamo nel cambiamento. Se non ci credessimo non crederemmo più in niente. E quindi ci proviamo comunque».

Lo dice lo stesso nome della cooperativa, Eughenia, che significa «nato bene, anche se può succedere in un contesto sbagliato». Come Luigi e Francesco, storie di droghe e illegalità. Di storie come la loro, o simili, ne sono passate più di cento nel 'Chiccolino' e nel 'Baloo', l’altro centro della cooperativa che prende nome dall’orso maestro del ragazzino Mowli nel Libro della Giungla. Il primo è un centro socio educativo diurno collegato al circuito penale, ospita attualmente 10 ragazzi tra i 12 e i 19 anni, ed è finanziato dal Pon sicurezza Obiettivo Sud, del ministero dell’Interno. Baloo è nato, invece, nel 2010 per ragazzi a rischio per famiglie di provenienza: droga, criminalità, difficoltà genitoriali. Vengono seguiti, grazie alla retta pagata dal comune, 30 ragazzi da 6 a 16 anni, oltre a 6 bambini rom e 6 immigrati ospitati nello Sprar comunale. Ci lavorano trenta persone, un’equipe in gran parte di laureati, tutti contrattualizzati. «È un lavoro di squadra. La professionalità è vincente per ragazzi che vivono una difficoltà – ci spiega Patrizia Moretti –. Figure che devono offrire alternative di adulti». Ma senza tagliare completamente i legami con le famiglie di origine. «Per questo abbiamo scelto la presa in carico diurna. Li portiamo a scuola, pranzano da noi e poi facciamo sostegno. Aiutiamo le famiglie a rapportarsi con gli insegnanti e sosteniamo questi ultimi. Non li vogliamo sostituire. Facciamo inoltre laboratori di falegnameria, cucito, teatro, introspettivo-creativo, in base alle loro attitudini e possibilità. C’è anche un laboratorio sulle emozioni, per dominare la rabbia, dare un nome alla tristezza e alla frustrazione».

Primo risultato è stato il calo della dispersione scolastica. Un impegno prezioso ma difficile. «Viviamo molti insuccessi. Ragazzi che vengono arrestati da noi per reati commessi precedentemente. Famiglie che non collaborano. Abbandoni». E allora perché farlo? «Perché ci sono quegli sguardi dei ragazzi. Quelli che tornano e dicono 'sto studiando', 'sto lavorando'. Questo ci fa continuare ». Anche se i problemi aumentano. «La devianza minorile sta cambiando. È diversa. La difficoltà è stare dietro ai cambiamenti. Girano più facilmente le 'canne'. Addirittura i genitori le preparano per i figli, 'così stanno calmi'. E poi per questi ragazzi tutto è più facile, tutto è più veloce. Non hanno la capacità di aspettare: tutto e subito. Così appena entrano da noi la prima cosa che facciamo è togliere il cellulare». E c’è un nuovo allarme. «Tra i ragazzi gira molto l’azzardo, soprattutto le scommesse. E si lega al resto. I furti servono per recuperare le perdite al 'gioco', l’azzardo serve per comprare le 'canne'». Una mix di dipendenze che spesso è dietro ai fallimento nel recupero di questi ragazzi. Ma per fortuna la bilancia pende dalla parte dei successi. Al punto che il 'Chiccolino' è stato inserito, assieme a una comunità torinese, nel progetto della Comunità europea 'ReWind- Rehabilitation Way in New Direction', per condividere la 'buona prassi' sperimentate e applicate a Bitonto. Frutto di tante storie che racconteremo.

(1-continua)

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