venerdì 23 febbraio 2018
Tutte le puntate dell’inchiesta di Fanpage. it sui traffici di rifiuti iniziano con alcune frasi dell’ex camorrista ed ex collaboratore di giustizia, Nunzio Perrella,
L'agente provocatore dello «scoop»? Per i magistrati è «non credibile»
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Tutte le puntate dell’inchiesta di Fanpage. it sui traffici di rifiuti iniziano con alcune frasi dell’ex camorrista ed ex collaboratore di giustizia, Nunzio Perrella, che ha operato come 'agente provocatore' dei giornalisti. Ripreso di spalle, dice: «Ho proposto allo Stato di infiltrarmi di nuovo nell’ambiente. Nessuno mi ha mai voluto aiutare».

In realtà è stato ascoltato. Ma ritenuto inattendibile. «Gli accertamenti fatti sulle sue parole si sono conclusi e non hanno dato esito nel senso di una credibilità del medesimo». Lo ha detto il 13 settembre dello scorso anno l’allora procuratore aggiunto di Brescia, Sandro Raimondi, ora procuratore di Trento. Il luogo è la Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti che dal magistrato, titolare di varie inchieste suoi traffici di rifiuti al Nord, vuole capire le rivelazioni di Perrella, rilasciate anche allora ad alcuni giornalisti. Così lo convoca una prima volta il 31 maggio. Raimondi racconta ma chiede che le sue parole siano secretate, proprio perché su Perrella sono in corso accertamenti.

Quando ritorna dopo tre mesi e mezzo autorizza la desecretazione, aggiungendo quella frase conclusiva e netta. Tutto inizia, si legge, dalla trasmissione Nemo nella quale, dice il procuratore, «egli, con mefisto calcato in testa», proprio come ora, «rende dichiarazioni molto dure e molto pesanti, che evidenziano una sua conoscenza».

In particolare su presunti traffici a Brescia e Ferrara. Proprio quelli di cui si dovrebbe parlare nelle prossime puntate su Fanpage . All’interrogatorio partecipa anche il consigliere Roberto Pennisi, coordinatore per i reati ambientali della Procura nazionale antimafia, che ricorda bene quel giorno. E quanto disse Perrella. «Condivido in pieno il giudizio del collega Raimondi – ci dice –. Alla luce della vicenda di questi giorni mi sembra ancor più chiaro quello che si verificò quando venne Perrella e il giudizio pessimo del collega Raimondi mi sembra ancor più fondato. Mi bastarono cinque minuti per capirlo. Una raccolta di fake news ».

E ricorda anche Alessandro Bratti, allora presidente della Commissione e oggi alla guida dell’Ispra. «Non ha mai chiesto di venire da noi. Io invece avevo detto che lo avremmo ascoltato ma prima mi doveva dare delle indicazioni precise. Non sono mai venute». Ma cosa disse ai due magistrati? «Parlò molto del suo passato – è il racconto di Raimondi –. Decidemmo poi di chiedere qualcosa di attuale. Fece delle dichiarazioni di principio e delle segnalazioni ma, di fatto, i nominativi che vennero da lui portati alla nostra conoscenza non ci diedero delle immediate risultanze».

Il procuratore ricorda che «vennero delegate delle ulteriori attività» alla Squadra mobile di Brescia. E anche intercettati i telefonini di Perrella. Le risultanze furono «assolutamente negative, sia su personaggi (molti non vennero riconosciuti in fotografia), sia sui luoghi, che non vennero indicati ». E «fece anche degli errori perché parlò di cantieri Bre.Be.Mi. in un determinato periodo storico, ma questa venne aperta qualche anno dopo». Ai due magistrati sembrò «una sorta di infarinatura che chiunque poteva avere con la lettura delle cronache dei quotidiani». C’è poi la questione dei soldi. Il procuratore rivela che Perrella venne poi convocato dalla Mobile.

«E lui fa: 'No, io non posso venire. Non ho i soldi per il biglietto. Non posso partecipare. Rimborsatemi tutto'. Poi scoprimmo che invece, due giorni dopo, arrivò a Brescia per fare una conferenza stampa per un libro. Questo era un elemento di colore, ma fortemente inquinante di una credibilità». C’è un ultimo e delicato argomento. Durante l’interrogatorio gli venne chiesto: «Lei vuole diventare collaboratore di giustizia?». E gli vennero ricordati iter e obblighi. Lui rispose: «No, assolutamente, non voglio, per carità». Però, è ancora Raimondi a raccontare, «qualche mese dopo il suo avvocato mandò una lettera in cui chiedeva la collaborazione». La mandò anche alla procura di Napoli. Ma Raimondi chiude tutto. «Non ha fornito, allo stato, elementi validi perché possano essere giustificate spese processuali di mezzi, tempo e ore uomo ». Insomma Perrella «è stato un collaboratore e ribadisco il fatto che è stato».

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