martedì 3 maggio 2016
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La 'partita della vita' e il dibattito che non c’è sulle urne di ottobre Stavolta più che mai Matteo Renzi ci mette la faccia. Con una partenza ritardata rispetto al fronte del No, di fatto già attivo da un paio di mesi, il presidente del Consiglio ha avviato ufficialmente da Firenze la campagna per il Sì al 'Grande referendum' di ottobre. «Non saremo noi da soli a vincere questa sfida, è essenziale che ognuno di voi si prenda un pezzettino. Se non riesco vado a casa», ha scandito ieri davanti alla platea del teatro Niccolini. Ma è proprio in questa frase ripetuta - come un mantra - per l’ennesima volta che sta la natura impropria dell’operazione renziana. Le dimissioni del governo legate a un eventuale esito infausto di questo appuntamento sono nell’ordine delle cose. Ma dovrebbero esserne semmai una conseguenza a posteriori, non una minaccia 'agitata' in via preventiva. La trasformazione in una consultazione pro o contro Renzi assomiglia sempre più a un 'ricatto' pseudo- plebiscitario che arriva a paventare una nuova fase d’instabilità governativa, se questa riforma non fosse confermata dai cittadini. Il dibattito non viene incanalato sul merito dei contenuti, ma sulla permanenza in carica di questo esecutivo. È una prospettiva errata, come già sottolineato da alcuni analisti. Gli ultimi sondaggi sembrano dare una sostanziale parità - al momento - fra i due schieramenti. L’incertezza resterà forte per i prossimi sei mesi. È più che probabile che quella allestita non sia una riforma perfetta e priva di pecche. Va pure ricordato, però, che questo è quanto di meglio l’attuale sistema bicamerale ha saputo produrre in 22 mesi di lavoro e ben 6 passaggi parlamentari. Sostenere che sia tutto da respingere al mittente equivale anche, per una sorta di proprietà transitiva, ad affermare una sostanziale inutilità dell’attuale bicameralismo, capace a volte di migliorare le leggi, ma in altre occasioni di partorire delle 'opere incomplete' (come lo fu il tentativo di riforma del centrodestra, peraltro bocciato dagli italiani nel 2006). La vera scommessa per Renzi e i suoi dev’essere quella di saper stimolare gli italiani desiderosi comunque di un nuovo assetto istituzionale, che potrebbero essere in realtà più numerosi di quanti sostengono il governo Renzi. C’è poi un altro fattore di cui si dovrebbe tener conto: le opposizioni, così pronte nel prendere le distanze e nel criticare legittimamente il ddl Boschi, lo sono meno nello spiegare poi che cosa loro vogliono davvero per la Costituzione e per il quadro di governo del Paese. L’auspicio è allora che il referendum possa diventare un’occasione per offrire e delineare alternative per il futuro, non solo quello che Bersani ha definito «un sì o un no cosmico Dopodomani nella capitale tutti i vertici della Ue. A fine maggio la misura sulla povertà e il documento sulla flessibilità in uscita dal lavoro. Per Palazzo Chigi il voto di ottobre dipende anche dall’economia
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