venerdì 12 giugno 2015
​​I genitori biologici vanno svelati o no? Le associazioni si dividono dopo l'approvazione, in commissione Giustizia, del testo base. "Ignorata norma sull'anonimato"
L'INTERVENTO Gigli (Movimento per la Vita): intenzioni buone ma rischiose
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Soddisfatti, ma con moderazione e qualche riserva, i componenti del Comitato per il diritto alla conoscenza delle origini. Decisamente contraria  l’Associazione delle famiglie adottive e affidatarie, oltre ad altre associazioni. Insoddisfatto non tanto per gli obiettivi, quanto per le modalità 'tecniche' individuate per tentare di rintracciare la madre, il Movimento per la vita. Lo spiega nell’analisi ospitata in questa pagina, illustrando la sua proposta alternativa, il presidente Gian Luigi Gigli. Motivo del contendere il testo base della legge sul diritto di accesso alle origini biologiche per i figli adottati e non riconosciuti alla nascita, che lunedì approda alla Camera dopo il via libera in commissione Giustizia. Un progetto di legge sollecitato dalla Corte Costituzionale che nel 2013 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle normativa in materia di adozione, nella parte in cui non prevede la possibilità di interpellare la madre che al momento del parto aveva chiesto l’anonimato. Ora questa possibilità viene prevista per i figli che hanno compiuto 25 anni. Nel testo, denominato 'Disposizioni in materia di accesso del figlio adottato alle informazioni sulle proprie origini e sulla propria identità', si spiega che nel caso di approvazione della legge, la madre possa essere interpellata «con modalità che assicurino la massima riservatezza» sulla possibilità di rimuovere l’anonimato. Se la madre rifiuta, il progetto di legge prevede che al figlio potranno comunque essere fornite notizie riguardanti dati sanitari, anamnesi familiare ed eventuali patologie ereditarie trasmissibili. Altra importante novità riguarda il dovere di informare dettagliatamente la madre al momento del parto sugli effetti del diritto all’anonimato. I sanitari dovranno allo stesso tempo raccogliere dati 'non identificanti' di tipo anamnestico e familiare, che potranno un giorno essere comunicati al figlio a tutela della sua salute.  Nessun problema di tutela dell’anonimato in caso di decesso della madre, oppure se nel frattempo la donna ha revocato la sua decisione con un atto ufficiale trasmesso al Tribunale dei minori. L’articolato specifica inoltre che il figlio non matura in ogni caso diritti patrimoniali e successori, né può avanzare rivendicazioni economiche di alcun tipo nei confronti della madre ritrovata. «Questo testo – spiega Anna Arecchia, presidente del Comitato per il riconoscimento dei figli biologici – recepisce gran parte delle sollecitazioni espresse dai nostri esperti durante le audizioni in commissione. Rimangono alcuni aspetti da chiarire». Innanzi tutto il ruolo dei tribunali dei minorenni della città in cui il figlio è nato. «A nostro parere sarà loro compito quello di sollecitare e ricevere le comunicazioni di revoca riguardanti la richiesta di anonimato». Qualche dubbio anche sulla parte della legge che prevede la possibilità da parte del figlio di presentare una sola volta istanza al tribunale. «E se la madre avesse un ripensamento? Perché non prevedere una nuova possibilità – osserva Arecchia – magari dopo due o tre anni?».  Infine nel testo non c’è nessuno riferimento alla possibilità di accedere alle informazioni nel caso in cui la madre fosse irreperibile o incapace di intendere e di volere. «A nostro parere, in queste situazioni – conclude la presidente del Comitato per il riconoscimento delle origini – il tribunale dovrebbe comunque riconoscere le richieste del figlio ». Ma la legge non lo specifica, le opinioni sono discorsi e il confronto in Aula si annuncia serrato. 
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