giovedì 18 giugno 2015
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La versione di latino proposta oggi come seconda prova per i licei classici, non era semplice: sia lo stile sia la sintassi presentano le usuali arditezze dello stile di Tacito. È vero che gli studenti dovrebbero conoscere bene l'autore e che si tratta di un brano famoso (Annali VI 50), ma le difficoltà restano. Utile l'indicazione ministeriale che permette di identificare in G. Caesar il nuovo imperatore, Caligola. Qui sotto trova la traduzione del passo ad opera del professor Moreno Morani, professore ordinario di Glottologia e Linguistica presso l'Università degli Studi di Genova e autore della rubrica Ieronimus su Avvenire. Ultimi giorni di Tiberio Ormai il fisico, le forze abbandonavano Tiberio, non la sua capacità di fingere: sempre uguale la freddezza dell’animo: rigido nel parlare e nel volto, talvolta con una cordialità affettata dissimulava il declino ormai manifesto. Dopo aver cambiato residenza più volte si fissò infine presso il promontorio Miseno in una villa di cui era stato padrone un tempo L. Lucullo. Lì si capì che si stava avvicinando al giorno estremo in questo modo. C’era un medico insigne nella sua professione, di nome Caricle, che non aveva l’abitudine di controllare la salute del principe, ma elargiva abbondanza di consigli. Questi, come se stesse andando via a compiere degli affari suoi, fingendo un atto di omaggio gli strinse la mano e percepì il pulsare delle vene. E non lo ingannò: infatti Tiberio, forse perché offeso e per questo soffocando ancora di più l’irritazione, ordina di andare avanti nel banchetto e si trattiene più a lungo del solito, come se volesse onorare l’amico che stava partendo. Caricle tuttavia confermò a Mucrone che il respiro si stava indebolendo e che non sarebbe durato più di due giorni. Perciò si affrettarono tutte le incombenze, con colloqui tra i presenti e con messaggi agli ambasciatori e all’esercito. Il giorno 16 marzo, cessato il respiro, si credette che il trapasso si fosse compiuto. E Gaio Cesare stava uscendo in mezzo a un affollarsi di gente che si congratulava per cogliere le primizie del comando, quando all’improvviso arriva la notizia che a Tiberio era tornata la voce e la vista e che venivano chiamate delle persone che portassero del cibo per rifocillarlo dalla perdita dei sensi. Allora si diffuse il panico, e alcuni si disperdevano qua e là, e ognuno si fingeva triste o ignaro. Cesare, ammutolito, dopo la grandissima speranza si aspettava delle notizie fatali. Macrone però intrepido ordina di uccidere il vecchio soffocandolo con molte vesti e di andarsene dalla stanza. Così Tiberio morì nel settantottesimo anno di età. Ed ecco il testo in latinoIam Tiberium corpus, iam vires, nondum dissimulatio deserebat: idem animi rigor; sermone ac vultu intentus quaesita interdum comitate quamvis manifestam defectionem tegebat. Mutatisque saepius locis tandem apud promunturium Miseni consed it in villa, cui L. Lucullus quondam dominus. Illic eum adpropinquare supremis tali modo compertum. Erat medicus arte insignis, nomine Charicles, non quidem regere valitudines principis solitus, consilii tamen copiam praebere. Is velut propria ad negotia d igrediens et per speciem officii manum complexus pulsum venarum attigit, neque fefellit: nam Tiberius, incertum an offensus tantoque magis iram premens, instaurari epulas iubet discumbitque ultra solitum, quasi honori abeuntis amici tribueret. Charicles tamen labi spiritum nec ultra biduum duraturum Macroni firmavit. Inde cuncta conloquiis inter praesentes, nuntiis apud legatos et exercitus festinabantur. XVII kal. Aprilis interclusa anima creditus est mortalitatem explevisse; et multo gratantum concursu ad capienda imperii primordia C. Caesar egrediebatur, cum repente adfertur redire Tiberio vocem ac visus vocarique qui recreandae defectioni cibum adferrent. Pavor hinc in omnes, et ceteri passim dispergi, se quisque maestum aut nescium fingere; Caesar in silentium fixus a summa spe novissima exspectabat. Macro intrepidus opprimi senem iniectu multae vestis iubet discedique ab limine. Sic Tiberius finivit, octavo et septuagesimo aetatis anno.
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