giovedì 12 maggio 2016
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NAPOLI Tempestività e qualità del sistema giustizia la bandiera di Giovanni Colangelo, procuratore capo di Napoli. Obiettivi e tensione morale che evidentemente alla criminalità più o meno organizzata non piacciono, specialmente se si concretizzano in azioni, arresti, indagini, collaborazioni, pentimenti. Alla guida di una delle Procure più ampie e problematiche d’Italia dal 2 maggio 2012, Colangelo, oggi 69enne, insieme al pool di magistrati ha assestato una serie di colpi al malaffare, puntando ad alzare il livello del contrasto e a individuare anche i mandanti di una serie di crimini. Dalle operazioni contro i clan camorristici che insanguinano Napoli, alla guerra alla cosca dei Casalesi e alle sue diramazioni, al sequestro dei patrimoni illeciti. Ma non c’è solo la criminalità organizzata al centro delle indagini dei suoi magistrati. Anche le connessioni tra politica e malaffare, gli illeciti nella Pubblica amministrazione, tra cui i compensi a consiglieri regionali campani, il sistema di collusione tra imprenditoria, pubblica e privata, e la camorra. Senza dimenticare la battaglia per individuare gli assassini di vittime innocenti dei clan o indagini clamorose come quella sul furto dei volumi preziosi dalla Biblioteca dei Girolamini, complesso monumentale nel centro storico di Napoli. L’ipotesi di un possibile attentato al magistrato ha comportato un rafforzamento della scorta per lui e la sua famiglia. «Continuerò a fare il mio lavoro al servizio dello Stato, fin quando mi sarà richiesto», ha detto. Prima di arrivare a Napoli, Colangelo era stato dal 2008 procuratore a Potenza, riorganizzando l’ufficio che era in una situazione difficile. Aveva già alle spalle la lunga esperienza alla procura di Bari dove aveva avuto modo di occuparsi di reati contro la pubblica amministrazione e la criminalità economica. La sua carriera di magistrato è iniziata come pretore a Chivasso nel 1973, poi a Gioia del Colle (dal 1977) e a Bari (dal 1989). Nel 1991 il passaggio alla procura presso il tribunale barese, prima come sostituto procuratore e dal 2000 come procuratore aggiunto dove ha fatto parte del gruppo di lavoro specializzato nella repressione dei reati societari, bancari e finanziari. Dal 2002 si è occupato dei reati in materia di terrorismo e del coordinamento della cattura dei latitanti. Da tutti considerato il magistrato anti-camorra per antonomasia, da sempre sottolinea che la guerra ai clan si combatte non solo con la repressione, ma anche e soprattutto dal punto di vista sociale, creando la vivibilità sul territorio. Valeria Chianese © RIPRODUZIONE RISERVATA
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