martedì 21 aprile 2020
Giovedì l'incontro video fra i leader dell'Unione. Il premier "vede" la possibilità di una partita in due tempi: un "Recovery fund" con una dote ricca toglierebbe forza al canale del Mes
Da sinistra, la presidente della Commissione Ue Von der Leyen e il premier italiano Conte

Da sinistra, la presidente della Commissione Ue Von der Leyen e il premier italiano Conte - Ansa

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La nuova settimana-chiave di Giuseppe Conte verso il Consiglio Europeo di giovedì 23 è partita a ritmi intensi. Un giro di telefonate, a partire dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e poi con i ministri principali come Roberto Gualtieri, titolare dell’Economia, in vista del discorso che terrà oggi pomeriggio prima al Senato e poi alla Camera. Passaggi propedeutici e determinanti per mettere a punto la strategia da sfoderare nella videoconferenza fra i leader nazionali europei. Nella quale l’'avvocato del popolo' (che poi lunedì sera ha avuto un colloquio telefonico pure col presidente iraniano Rohani) gioca le sue carte per consolidare la sua leadership politica e anche il consenso popolare.

Il timore che filtra dalle stanze di Palazzo Chigi è soprattutto uno, e non riguarda tanto il Mes, il discusso Meccanismo europeo di stabilità, quanto il Fondo per la ripresa economica, il nuovo 'soggetto' che sarebbe chiamato a emettere un debito comune europeo. A livello diplomatico si è assistito, negli ultimi giorni, a un certo 'allentamento' della posizione della Francia, che di questo fondo è stata l’alfiere assieme all’Italia. Nell’ipotesi transalpina, il Recovery fund dovrebbe trovare collocazione all’interno del bilancio settennale dell’Unione su cui, tuttavia, il negoziato è ancora aperto. E qui si apre il punto dirimente: quello dell’ammontare delle risorse a disposizione. La preoccupazione di Conte e del suo staff è che non ci siano tutti i 1.500 miliardi ritenuti necessari, e presenti nella proposta iniziale dei due commissari, Paolo Gentiloni e il francese Breton. In sostanza, all’incontro di giovedì si potrebbe anche arrivare a una prima intesa fra i leader sulla necessità di un Fondo comune, ma senza avallare da subito la 'potenza di fuoco' che, invece, viene ritenuta imprescindibile per far fronte alle esigenze di tutti gli stati dell’Unione. Conte, per questo, pensa di interpretare la prima parte del vertice 'in attesa', sperando in passi in avanti da parte dei suoi colleghi. Ma, qualora per gli ingenti interventi economici divenuti urgenti a causa dell’emergenza coronavirus fosse definita all’inizio una portata inferiore, il presidente del Consiglio starebbe valutando un appello finale a Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione, fino a spingersi a un eventuale 'aggiornamento' della riunione a una fase successiva. Un periodo utile, in una ideale strategia a tappe, per far maturare fra tutti i leader la consapevolezza che una dotazione inferiore ai 1.500 miliardi potrebbe non bastare allo scopo.

Un risultato che, se raggiunto – così proseguono i ragionamenti in corso in queste ore a Palazzo Chigi –, avrebbe anche l’effetto, tutt’altro che secondario, di depotenziare di molto l’intricata questione dell’accesso alla nuova linea di credito del Mes riservata alle spese sanitarie. Su questo altro strumento, di fatto già portato a casa nell’ultimo Eurogruppo eppure ancora fonte di forti tensioni dentro la maggioranza giallo-rossa, non si confida più di tanto. In primo luogo si sottolinea che, in ogni caso, totalmente privo di condizioni il Mes non lo è per sua natura, a meno che non sia espressamente indicato nel testo finale da predisporre. Per di più, secondo i tecnici del governo, per essere totalmente 'senza condizioni' non è escluso che debba servire addirittura una modifica del Trattato istitutivo. Anche in passato, inoltre, la sua applicazione sarebbe stata accompagnata da un margine di opacità e di non trasparenza ritenuto 'rischioso'.

Il vertice sarà anche l’occasione, poi, per chiarire un dubbio su tutti: se cioè quei costi sanitari 'diretti e indiretti', annunciati dai ministri finanziari come sbocco dei soldi Mes, possono essere interpretati in modo ampio, come sostiene la Francia (valendo quindi pure per i costi economici), o restrittivo, come sostiene l’Olanda. Infine, si sottolinea che i 36 miliardi di potenziale beneficio per l’Italia sarebbero nella sostanza 22, dato che 14 li abbiamo messi noi per la dote iniziale del Mes. Meglio, allora, puntare tutte le carte sui bond del nuovo Fondo. La vera partita per Conte resta quella.

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