martedì 22 luglio 2014
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Maru non si è fermato neppure davanti al Mediterraneo che voleva inghiottirlo con il barcone con 104 profughi partito venerdì notte da Tripoli. Li ha salvati la Guardia Costiera sabato sera, perché l’uomo, 48 anni, un profugo etiope riparato da tanti anni in Sudan e con in tasca i documenti dell’Acnur, aveva lasciato il numero del satellitare a un’amica italiana, Cornelia Toelgyes, coraggiosa attivista per i diritti umani che da anni segue e documenta le vicende dei profughi sul blog Africa Express, che l’ha prontamente girato alla Guardia costiera. A Maru non interessa l’Italia. Lui ha uno scopo, è partito per ritrovare sua figlia che oggi ha cinque anni. E, quanto prima, si metterà sulla sua pista, che porta verso l’ignoto. Non la vede da un anno e mezzo, da quando lei e la madre, la sposa di Maru, dovettero lasciare Khartoum. L’etiope nella capitale sudanese aveva un lavoro in un ufficio delle Nazioni Unite. Ma agli integralisti islamici quella coppia mista, lui cristiano e lei musulmana, non andavano giù, e alla fine del 2012 la donna e la piccola furono minacciate di morte. Il caso Meriam non è isolato. L’uomo e la moglie decisero che lei e la piccola dovevano fuggire in Europa, dove il marito le avrebbe seguite. Madre e figlia lo salutarono e partirono, nel gennaio 2013, alla volta di Tripoli. Non le ha più riviste. Da li infatti ripartirono su una carretta del mare. Ma la donna non arrivò mai a terra. Il 17 il barcone naufragò, pare per il sovraccarico, al confine tra le acque libiche e quelle maltesi. La mamma riuscì a mettere in salvo la piccola affidandola agli altri passeggeri – eritrei, etiopi e nigeriani – prima di annegare. E la piccola la vide morire tra lòe onde. Vide anche un peschereccio tunisino tagliare le reti cui i migranti si erano aggrappati e andarsene. Poi di lei si sono perse le tracce. Il caso in questi 13 mesi è stato seguito da don Mosè Zerai, il prete eritreo punto di riferimento dei migranti e dalla dottoressa milanese di origine eritrea Alganesh Fessaha, sempre su segnalazione della Toelgyes. Sono stati ascoltati i superstiti, alcuni dei quali avrebbero visto la bambina di Meru sbarcare a Malta. Altri parlarono della Sicilia.«Del caso – conferma don Zerai – si è occupato l’Acnur e ne abbiamo riferito alla Guardia Costiera, ma la bambina non è stata registrata a Lampedusa e ai marinai non risulta il suo nome. Del resto, nonostante sia piccola, parla bene tre lingue, dunque non poteva passare inosservata». Sempre che abbia potuto parlare. L’ipotesi è che sia giunta in Sicilia sotto falso nome. Ma perché? E dove è finita? Sono le domande che il padre si pone da oltre un anno. Ha aperto una pagina Facebook con le foto di madre e figlia lanciando appelli ovunque e, messi da parte i soldi necessari, ha deciso di ripercorrere le tracce della sua povera moglie per ritrovare la piccola. Contattato a Tripoli due giorni prima di partire, ha confermato ad Avvenire che, secondo le testimonianze, la piccola è viva e lui crede sia in Sicilia. Purtroppo, a distanza di un anno, i superstiti hanno lasciato l’Italia. Ora che è arrivato, Maru inizierà le ricerche. Il mare non ha fermato questo padre coraggioso, forse solo la morte ci riuscirà.
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