Gli altri ministri sono già arrivati. Berlusconi e Tremonti sono in una stanza riservata, faccia a faccia. Per l’ennesima volta. «Giulio, te lo dico di nuovo, ci serve un segnale. Siamo io e Umberto a chiedertelo». «Silvio, ti ripeto, non possiamo fare passi falsi con l’Europa, e sai che anche il Colle...». Nel gioco delle parti, minuto dopo minuto più stressante, si inserisce Gianni Letta. L’ultimo, estremo tentativo di mediazione. «Basta, troviamo una soluzione, così non reggiamo più». Parole che provano a sciogliere la tensione. «Si, una soluzione c’è, spalmiamo i 40 miliardi», fa un passo avanti il 'superministro'. Il premier di colpo è come alleggerito. E si lascia andare ad un sorriso. Finalmente può annunciare alla stampa la riforma del fisco e la manovrina da 3 miliardi, e allo stesso tempo mettere momentaneamente nell’ombra il maxi-impegno da 40 miliardi con l’Ue per il pareggio di bilancio nel 2014. Che comunque resta, ma molto meno 'visibile' agli elettori di quanto temesse: 6-7 miliardi nel 2012, 15-20 nel 2013 (fine legislatura), il resto nell’ultimo anno disponibile (grana lasciata in eredità al nuovo esecutivo e alla nuova maggioranza). Il Tesoro accetta, più o meno volentieri, consapevole che con Pontida alle porte, e il Pdl nel frullatore, lo stallo stava diventando sempre più pericoloso. Non ha cambiato agenda economica, dicono i suoi, ma che l’intesa lo abbia convinto lo si capisce da come resta fedele al patto di non belligeranza lungo tutta la giornata: non una sillaba - né positiva né negativa sull’annuncio del Cavaliere. Quanto poi alla riforma fiscale, l’accordo è quello di portare in Cdm una legge-delega, dunque nulla di definito, un contenitore vuoto in cui il ministro potrà riversare il suo credo. Ovvero: una semplificazione delle detrazioni e uno spostamento 'sostenibile' della pressione fiscale dai redditi da lavoro ai consumi, senza variare il carico totale. La risposta sull’economia, in ogni caso, è un’arma che al premier viene buona anche per placare le inquietudini nel Pdl, che spesso hanno trovato sfogo proprio nell’attacco alla linea del rigore di Tremonti. Poteva entrare soddisfatto in Cdm, il premier. Ma mentre si snoda la riunione i nervi saltano di nuovo. Fronte Lega. Il tema è ancora il decentramento dei ministeri. «Solo uffici», dice Berlusconi sia a Bossi sia, poco dopo, alla stampa. Il Carroccio si infuria, specie per le parole dette ai media, che restano indelebili. Mancano nove giorni al raduno di Pontida. Una delle bandiere per riconquistare la base si ammaina. Il Senatur se ne va rabbuiato, e come risposta indiretta Calderoli pianterà per tutto il giorno nuove granate tra i piedi del Cavaliere (Libia, missioni militari, mondiali in Brasile...). Forse il primo a capire che Berlusconi e Tremonti avevano trovato la quadra è stato il leader Pd Bersani. Che subito attacca, sia sul fisco sia sulla manovra 'spalmata'. «Alla buon’ora – ironizza sul primo punto –, noi abbiamo le nostre idee sulle tasse e se possiamo discuterne seriamente siamo sempre pronti. Se inventano il solito ballon d’essai non siamo disposti. A me, sinceramente, sembra il famoso 'fisco per l’estate'...». Quanto agli impegni sui conti con l’Ue, prima condanna il «surreale dibattito sull’allargamento dei cordoni della borsa», poi spiega la sua ricetta: «Il governo ha firmato con l’Europa il piano di rientro, si prendano le loro responsabilità. Noi avremmo chiesto una rinegoziazione sulla base di una serie di riforme strutturali». Poi la chiosa, quando ancora non sa che parte dei 40 miliardi dovrà cercarli il prossimo esecutivo: «Non pensino di lasciare ad altri la polvere sotto il tappeto...».