lunedì 2 giugno 2014
«Nessun danno al parco». Rover e scolte che si preparano per la Route respingono le accuse degli «intellettuali».
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Gli scout rovinano la natura. Come le cavallette, peggio degli unni... Questa davvero non s’era mai sentita. Sarebbe come una bicicletta che emette gas nocivi o una barca a vela dall’elica rumorosa. Assurdità. Eppure proprio questo affermano «intellettuali e ambientalisti» a proposito della Route nazionale Agesci in programma dal 6 all’11 agosto nel parco di San Rossore, la tenuta presidenziale tra Pisa e Torre del Lago. Il Corriere della sera lanciava ieri l’allarme in grande stile: «Gli intellettuali contro il raduno scout». Insostenibile, per il parco, la pressione dei trentamila rover e scolte, dai 17 ai 21 anni, provenienti da tutta Italia per alcuni giorni di cammino, preghiera, festa e confronto attorno al tema del «coraggio». L’appello degli «intellettuali» prospetta «un imponente danno ambientale».L’allarme è davvero sorprendente, perché da circa un secolo, anno più anno meno, gli scout frequentano boschi, radure e parchi e sempre hanno lasciato le cose non come prima, ma meglio. Fa parte del loro Dna. Potremmo quasi dire che non hanno alcun merito, perché non potrebbero fare altrimenti. E allora? Intanto va chiarito chi siano gli «intellettuali». Tutti gli intellettuali italiani? No. Sono alcuni ambientalisti e professori del posto che hanno sottoscritto una petizione promossa da Fabio Garbari e Alessandro Spinelli. Tra loro spiccano le firme di Salvatore Settis e Adriano Prosperi, nomi noti legati alla Normale di Pisa. Quanto alla petizione, fu presentata lo scorso 17 aprile ed ebbe breve eco sugli organi d’informazione locale. Ma, un mese e mezzo dopo, a scoppio ritardatissimo, eccola sbarcare curiosamente sulla prima pagina del Corriere.Basterebbe, a questo punto, riprendere quanto allora il direttore del parco, Andrea Gennai, dichiarò alla Nazione e al Tirreno: «È curioso che questi esperti abbiano già le idee chiare sul previsto impatto della Route Agesci, pur non avendo nemmeno visto il progetto. Nessuno di loro ha chiesto chiarimenti o informazioni. Nessuno ha verificato se l’area oggetto del campo è classificata a libera fruizione o meno».Oggi possiamo ribadire che tutto è stato fatto secondo le regole. «Saremo a San Rossore – racconta Sergio Bottiglioni, incaricato nazionale Agesci per la branca rover-scolte – su invito della Regione Toscana. Il parco ci accoglie a braccia spalancate. A definire le regole della nostra presenza è la Conferenza dei servizi (dall’Asl all’Arpa...) a cui abbiamo presentato lo Studio di incidenza ambientale. La Conferenza ci ha chiesto ulteriori attenzioni e tutto è andato per il meglio». Ma è vero, come un professore avrebbe detto al Corriere, che sarete ospitati in aree «non pubbliche»? «No, occuperemo la zona del parco normalmente aperta al pubblico, ma con alcune ulteriori restrizioni. Ad esempio, lì la gente organizza pic nic e grigliate; noi non potremo accendere alcuna fiamma libera». Da parte sua l’incaricata nazionale, Elena Bonetti, ricorda il forte valore educativo dell’esperienza: «Non saremo solo a San Rossore. Dal primo al 5 agosto ci saranno i campi mobili; i nostri 1.500 gruppi si riuniranno in 470 comunità gemellate in tutta Italia. Ci prenderemo cura del parco di San Rossore come d’ogni altro luogo d’Italia dove abiteremo. Non siamo turisti che si limitano ad ammirare, noi dei luoghi ci prendiamo cura. E sulla capacità dei giovani di sentirsi fortemente responsabili non c’è alcun dubbio».C’è da dare fiducia agli scout anche per il particolare legame storico con San Rossore. I primi scout – Rei, Ragazzi esploratori italiani, fondati nell’estate del 1910 dal baronetto inglese sir Francis Vane e dal maestro Remo Molinari– furono ricevuti in udienza da re Vittorio Emanuele III il 10 novembre 1910 proprio lì, a San Rossore, in una sorta di investitura ufficiale. Vane proveniva dal Trasvaal e lo scautismo era sorto in Inghilterra da appena due anni.Per gli scout italiani, insomma, si tratta di un ritorno. Gennai non ha dubbi: «Dopo questa esperienza, i ragazzi diventeranno trentamila angeli custodi del nostro parco, attenti alla natura anche quando andranno in altri parchi e, credo, anche quando andranno in cabina elettorale o educheranno i propri figli».Rimane un rammarico, che Bottiglioni non manca di esprimere: «Peccato che della nostra Route si parli per questa polemica, e non per i contenuti dell’incontro». È vero, ma da qui ad agosto di tempo ce ne sarà. Per tutti i mezzi d’informazione.
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