martedì 2 agosto 2016
Il 13enne senegalese finì sott'acqua per 15 minuti il 7 luglio scorso. Al Papa Giovanni XXII di Bergamo lo hanno curato "con competenza e testardaggine". La mamma: "Abbiamo pregato tanto".
La seconda vita di Assane: «Così i medici mi hanno salvato»
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Assane Diop ha 13 anni e una seconda vita davanti. La prima l’ha lasciata sul fondo del lago d’Iseo, quando il 7 luglio scorso è scivolato dal pontile di una spiaggetta di Sarnico. Quindici lunghi minuti sott’acqua, poi il volo in elicottero verso l’ospedale Papa Giovanni  XXIII, punta di diamante della sanità lombarda. Sembra spacciato, il piccolo senegalese. Ma i medici non si arrendono. Si aggrappano all’ipotermia provocata dall’acqua fredda, che in alcuni casi può rallentare o impedire i danni fisologici. È, per fortuna, il caso di Assane, che giunge al Papa Giovanni XXIII  in condizioni disperate, ma ancora vivo. “Quando mi hanno chiamato per avvisarmi ho pensato che fosse morto – racconta mamma Ndeye nella sala conferenze dell’ospedale bergamasco – Ma abbiamo trovato medici bravissimi, che me lo hanno salvato”.La macchina salvavita - In terapia intensiva attaccano il ragazzino all’Ecmo, macchinario sofisticato che sostituisce la funzione di cuore e polmoni. Per 5 giorni l’Ecmo pulisce il sangue di Assane dall’anidride carbonica e glielo restituisce rosso e ossigenato. Piano piano i parametri vitali si ristabiliscono, il tredicenne torna alla vita. Si rimette in piedi e in salute, tanto da potersi presentare davanti ai giornalisti con il suo sorriso bianchissimo. “Sto bene, ringrazio i dottori ma anche i miei amici di scuola. E le maestre. Imparare a nuotare? No no”. Come non capirlo, dopo quello che ha passato: difficilmente si riavvicinerà all’acqua. Ma Luca Lorini, direttore del dipartimento di anestesia e rianimazione, batte proprio su questo tasto: “Siamo un Paese con migliaia di chilometri di coste, laghi e fiumi. Saper nuotare può salvare la vita, dovrebbero insegnarlo a scuola”. Non sempre, infatti, ci possono essere medici capaci di “andare oltre i limiti. Il caso di Assane è eccezionale. Un miracolo, anche se abbiamo capito di essere in grado di poterlo ripetere“. Il direttore generale del Papa Giovanni XXIII, Carlo Nicora, sottolinea: “Se siamo qui oggi a festeggiare lo dobbiamo alle nostre tecnologie e competenze, ma anche alla nostra testardaggine. Possiamo dire con orgoglio di essere un ospedale del bambino: abbiamo tutto ciò che serve e lavoriamo alla bergamasca: poco clamore e tanta sostanza”.“Tutti hanno pregato” – Medicina d’avanguardia, ma anche tanta fede. Senza distinguere, una volta tanto in questi tempi difficili, tra musulmani e cristiani. “Abbiamo pregato tanto – sottolinea mamma Ndeye – e con noi hanno pregato anche tanti italiani. In ospedale sono venute molte persone che non conoscevo. La storia di Assane ha preoccupato tutti”. E alla fine li ha fatti anche sorridere.

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