mercoledì 1 giugno 2016
Arretrati per 181mila euro, servizio pubblico a rischio. Il conto è relativo agli anni 2009, 2010 e 2012. Durissimo colpo per gli istituti, i bambini e le loro famiglie. Si confida nella funzione riequilibratrice delle convenzioni con il Comune
Ravenna, scuole paritarie sotto schiaffo
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Dopo Ferrara, Ravenna. Dagli estensi agli esarchi. Con una sola parola d’ordine: spremiamo le scuole paritarie, quasi tutte dell’infanzia con rari casi di primarie e secondarie di primo grado. Anche a Ravenna alla fine del 2015 è partita la raffica di avvisi di accertamento: pagate l’Ici, cominciando da quella arretrata relativa a tre anni, 2009, 2010 e 2011. Tutto in seguito alla sentenza della Cassazione del 25 luglio scorso: non importa se le rette delle scuole paritarie consentano a mala pena il pareggio in bilancio, non importa se gli utili siano pari a zero o addirittura il bilancio sia in rosso. È sufficiente la «natura commerciale», ossia che le famiglie paghino una qualsiasi retta. E la scuola deve versare lei e Imu, arretrate, presenti e future. A Ravenna le scuole paritarie da spremere sono 14 per un totale di oltre 181mila euro, relativi ai tre anni dal 2009 al 2011.1 ricorsi sono partiti immediatamente: su alcuni è stato raggiunto un accordo, altri sono pendenti. La sensazione, sperando di non sbagliarci, è che si possa arrivare a una soluzione soddisfacente per tutti, come è stato auspicato nella riunione indetta per stabilire una strategia comune, con arcivescovo, Fism (Federazione delle scuole materne) e istituti. In fondo, basterebbe usare il buon senso per comprendere che solo un’amministrazione autolesionista potrebbe volere il crollo delle scuole dell’infanzia comunali: dove troverebbe poi le risorse per garantire alle famiglie dei bambini lo stesso servizio? A Ravenna sono di norma le convenzioni. Il Comune aiuta volentieri le scuole paritarie ad assolvere al loro servizio pubblico, per- nel suo interesse: il servizio è buono e fa risparmiare. Una soluzione (locale) alla vicenda innescata l’estate scorsa potrebbe stare proprio nelle convenzioni. In questo momento, il Comune dà dieci e, con l’Ici-Imu, incassa (per ipotesi) cinque. Basterebbe restituire quel cinque alzando il contributo. Una soluzione all’italiana per riequilibrare lo squilibrio determinato dall’«atto dovuto» dell’invio degli avvisi. Ma chi non ha soltanto le scuole dell’infanzia? A Ravenna, ad esempio, potrebbe essere il caso dell’istituto 'Tavelli' delle 'SuoreTavelle', quattro secoli di storia di cui quasi due con il carisma dell’educazione e della formazione. Oggi ha le scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, «servizio pubblico che mira al bene comune», come l’istituto ama definire se stesso. Servizio che rischia di subire un duro colpo, fino a veder compromesso il suo «servizio reso al pubblico», a causa di un 'atto dovuto', come altri amano definire l’invio degli avvisi. La vicenda dell’Ici-Imu alle scuole paritarie di Ravenna è finita ieri sulla prima pagina del 'Corriere Romagna' e sulle agenzie di stampa nazionali, a due settimane dalla lettera che l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, monsignor Luigi Negri, ha scritto al premier Matteo Renzi per denunciare «la situazione gravissima in cui versa la maggior parte delle scuole paritarie cattoliche del nostro Paese». Negri ricorda il «valore di bene sociale» della scuola libera e «il principio fondamentale di sussidiarietà». E alla fine chiede «norme che non lascino margini interpretativi sfavorevoli». A Ferrara le undici scuole dell’infanzia parrocchiali si son viste chiedere 120mila euro di lei solo per il 2010, sanzioni e spese comprese. Una palese assurdità, 'atto dovuto' (sic) sollecitato dal leader radicale locale. A tal punto che il sindaco stesso, Tiziano Tagliarli, era intervenuto con parole improntate a saggezza associandosi alle preoccupazioni dell’arcivescovo: «Richiedere la quota degli arretrati lei mette in grossa difficoltà le nostre scuole paritarie che ospitano 1.640 bambini. Come Comune, sono ventanni che diamo contributi a queste scuole riconoscendone il servizio di pubblica utilità: scuole che a malapena riescono ad arrivare al pareggio in bilancio e che chiedono una retta solo per coprire i costi dei contratti degli insegnanti e per le utenze».  Vicenda dai risvolti grotteschi nel suo palese autolesionismo, ma che purtroppo sembra appena all’inizio. Cartelle erariali sono fioccate un po’ ovunque nei mesi scorsi, con il suo strascico di ricorsi e trattative. La posta in gioco è serissima: la sopravvivenza delle paritarie e del loro servizio pubblico di sesenziale importanza per migliaia di famiglie.
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