martedì 22 agosto 2017
Tante storie al femminile: ci siamo rimboccate le maniche per rinascere tutti insieme
Sabrina guda l'autotreno e porta via le macerie dal centro storico di Amatrice (Foto Ciociola)

Sabrina guda l'autotreno e porta via le macerie dal centro storico di Amatrice (Foto Ciociola)

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È minuta, fine, quasi timida, poi la vedi salire e quasi scompare dentro quella grande cabina. Non diresti che guida l’autotreno, non fosse per il cartello che fa bella mostra dietro il parabrezza: «Sabrina». Ha tre figli, lavora col marito e porta via anche lei le macerie dal centro storico di Amatrice: «Credo alla nostra rinascita – spiega –, ma crederci da sola non servirà a nulla. Bisogna crederci tutti, amatriciani e non».

E da queste parti sembra stiano credendoci davvero. Come anche tantissima gente (diverse migliaia di persone in meno d’una settimana) che da Ferragosto viene qui solo per poche ore, mangia nei ristoranti che hanno appena 'riaperto' nel 'Centro food', parla con gli amatriciani, vuole dare loro forza. Dopodomani se ne sarà andato un anno da quella notte gonfia di sangue e dolore e distruzione, lungo un inverno gelido e innevato, una primavera e un’estate cariche di speranza.

Quel che accade lo spiega bene Arianna Ferretti e subito dopo la stessa Sabrina Sciarra: «Ci siamo rimboccate le maniche per la nostra comunità », racconta la prima. «C’è da legare tutto quanto insieme, la sofferenza, l’andare avanti quotidianamente, i ricordi, il futuro », spiega la seconda. Il compleanno di Arianna è proprio il 24 agosto: «Quel giorno un anno fa la vita è cambiata completamente – ricorda –, io stessa sono diventata un’altra persona perché purtroppo abbiamo avuto delle perdite in famiglia. Se penso anche alle case e al lavoro, quella notte fu la distruzione totale». Non troppo è cambiato: «C’è ancora tanto dolore, tanta rabbia, tanta devastazione».

Claudia Quaranta è mamma due volte anche lei e sua figlia piccola è stata il primo battesimo ad Amatrice dopo il terremoto, il 24 settembre. «Tante donne qui sono attive e si vede. Sono convinta che anche grazie a loro questo territorio non verrà abbandonato».

La sensazione è questa, che possano essere le donne in qualche modo, tenacemente, fortemente, il motore della rinascita o quanto meno uno dei motori principali. Le incontri spesso impolverate, fra quanto rimane delle strade, spesso camminano con passo veloce, spesso comunque sorridenti, sempre indaffarate. Hanno costituito un’associazione per stare ancora più vicine ai bambini, ad esempio. Si sono aiutate fin quando ha riaperto il supermercato, pochi giorni fa: prima la mattina era un problema avere pane per la famiglia e latte per i piccoli, così a prenderne per tutti andava ciascuna di loro, a turno, macinando più di venti chilometri ogni volta.


«Le donne sono mamme – sorride Claudia –. E quindi per istinto naturale sono portate a essere protettive e disponibili...». Infine te lo dicono tutte, sotto voce, quasi con pudore: «Dobbiamo farlo, tutto questo, e dobbiamo rinascere, per molti motivi. Anche per le donne che non ci sono più». Che non hanno dimenticate. Che «a volte è come fossero sempre qui, come non se ne fossero mai andate». Ed anche per chi è morto «tutto dovrà essere ricostruito in modo che non succeda più per nessuno quel che è successo un anno fa – va avanti di nuovo Arianna –. Questa è una zona sismica, ci sarà il terremoto, ma non dovrà più accadere quel che è successo».

A rimboccarsi le maniche sono state anche le giovanissime. Come Elisa Aloisi e Chiara Rinaldi. Chiara ha ventuno anni, parliamo con le macerie alle sue spalle, d’improvviso si gira, indica lì dietro e fa «vedi? Spero presto di non vedere più questi mostri... Ma di riuscire a vedere delle case e che siano case per la vita». Elisa ha diciannove anni e la convinzione che in fondo la spiegazione possa essere abbastanza semplice: «Forse quel qualcosa in più che mettiamo noi donne è proprio l’amore». Forse è davvero così. Specie ascoltando proprio le ultime parole di Claudia prima di salutarci: «Ci voglio credere», dice. Si ferma un istante. Poi riprende d’un fiato: «E continuo a vivere qui con i miei figli per questo».

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