sabato 15 agosto 2015
​Ogni estate offrono gratuitamente assistenza legale e sanitaria ai braccianti del ghetto di Rignano (Foggia). LE ALTRE PUNTATE DEL REPORTAGE DI MATTEO FRASCHINI KOFFI
COMMENTA E CONDIVIDI
La sera è il momento in cui è più facile parlare con i braccianti del 'ghetto' di Rignano. Soprattutto con chi, a causa di una giornata massacrante, ha deciso di non lavorare il giorno dopo.  A poco a poco si formano gruppetti che aspettano di mangiare seduti o di portarsi il cibo nelle baracche. Basta girare tra i vicoli e sedersi dove capita. Nei baretti ghanesi, sulle sedie di plastica dei ristoranti nigeriani, o sulle panche di un cuoco del Mali che cucina sopra un frigorifero, la cui carcassa è stata trasformata in una griglia.   «Koffi, vieni alle lezioni di italiano domani? – mi domanda Issoufou, maliano di 27 anni –. Ora voglio mangiare quel pollo di gallina!», continua il giovane indicando la carne cucinata dal connazionale Salif. Io e il cuoco scoppiamo a ridere. «Il pollo è già una gallina!», ribatte divertito Salif. È l’unico momento in cui mi sono tradito. Dopo qualche giorno da 'infiltrato', pur fingendo di non saper parlare l’italiano, questa volta non sono riuscito a restare serio.  Il ghetto, per quanto abbastanza isolato geograficamente, è riuscito inoltre ad attirare negli anni diverse iniziative umanitarie e politiche. I braccianti non sono soli. Ogni pomeriggio, al ritorno dal lavoro, una gran parte di loro si dirige a qualche metro di distanza sotto l’ombra degli alberi dove decine di volontari li accolgono per alcune ore. Tra le associazioni più numerose c’è sicuramente quella di 'Io ci sto fra i migranti', decollata nel 2008 grazie all’opera del missionario scalabriniano padre Arcangelo Maira.  «Sono contento perché il numero di volontari è raddoppiato rispetto all’anno scorso – afferma il religioso – fa davvero piacere vedere questi giovani interessarsi a una realtà difficile come quella del 'ghetto'. Li ospitiamo nel giardino della parrocchia di Borgo Mezzanone con turni di una settimana o dieci giorni». Quest’anno sono 240 gli iscritti al campo. I volontari forniscono servizi come corsi di lingua italiana, informazione sul funzionamento delle istituzioni, sensibilizzazione sui loro diritti e doveri stabiliti dalla legge italiana e estera e una serie di attività socio-educative rivolte ai minori. Inoltre, c’è il 'laboratorio di ciclofficina'. È qui che le bici dei braccianti vengono riparate per dare loro più autonomia di movimento, fornendogli quindi la possibilità di cercarsi individualmente altri lavori in provincia o di muoversi senza pagare i furgoni dei caporali.  Infine, è presente anche 'Radio Ghetto'. A stretto contatto con quelli di 'Io ci sto', lavorano i volontari del progetto Presidio della Caritas diocesana. Tra i leader la responsabile del progetto, Concetta Notarangelo, e il mediatore culturale, Ngor, senegalese residente in Italia dagli anni 90. «Il nostro obiettivo è rompere l’isolamento in cui vivono i migranti – spiega Notarangelo –. Cerchiamo di stimolare le istituzioni e sosteniamo chi vuole denunciare le proprie condizioni di lavoro». Ma sono anche aiutati con le pratiche per i loro documenti e possono usufruire di assistenza sanitaria. Un orientamento legale per i braccianti è gestito anche dall’associazione 'Avvocato di strada'.  Nonostante le enormi difficoltà, a volte si riescono anche a ottenere piccole-grandi vittorie. Come quella di Ibra, un bracciante che si era spaccato la schiena per una settimana senza poi essere pagato dai datori di lavoro. «Ibra ha preso la difficile decisione di denunciarli – spiega l’avvocato foggiano Claudio De Martino –. Fortunatamente si ricordava la targa del trattore con cui aveva lavorato, così siamo riusciti a fargli ottenere i soldi». I giorni seguenti, altri 50 braccianti hanno deciso di seguire l’esempio di Ibra. Al ghetto è presente anche quest’anno il furgone di Emergency, che tre volte a settimana riceve chi ha problemi i salute. Sul filone politico, si stanno invece susseguendo diverse riunioni in loco della rete 'Campagne in lotta'. «Il nostro principale obiettivo è quello di supportare percorsi di autorganizzazione nell’ultimo anello della filiera agro-industriale italiana – afferma l’antropologa Irene Peano –. Da qualche anno proponiamo infatti strumenti per sostenere le quotidiane rivendicazioni sul posto di lavoro».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: