sabato 2 marzo 2019
Facebook, Twitter e Instagram sono diventati la nuova arena elettorale. Dagli Stati Uniti all'Italia. Con tanti rischi. Uno studio del giurista e osservatore dei nuovi media Giovanni Ziccardi
La politica via social: velocità, perdita della memoria e tanto rumore
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«I social network sono diventati lo specchio e l’essenza, allo stesso tempo, della politica attuale». Quanto scrive Giovanni Ziccardi – docente di Informatica giuridica all’Università di Milano – a conclusione del suo nuovo studio è tanto vero quanto sconsolante. Che i mezzi di comunicazione tipici di ogni epoca, dalla radio a Internet, diano una rappresentazione veritiera della vita pubblica è fuori di dubbio, anche se la percentuale di realtà che ogni medium riesce a mappare è andata crescendo.

Ma il fatto che i media siano anche capaci di plasmare i processi politici e che questi ultimi si identifichino con la narrazione mediatica è un fenomeno di questi ultimi anni. Si può certo ricordare quanti sforzi fece Giorgio VI per vincere la balbuzie nervosa e poter così parlare al popolo britannico alla vigilia della Seconda guerra mondiale (lo si vede nel film Il discorso del re), ma l’appello radiofonico non ne esauriva il ruolo (come dimostra la sua scelta di Churchill quale primo ministro, raccontata in un’altra pellicola di successo: L’ora più buia).

Oggi invece Donald Trump gioca su Twitter tutte le sue partite (ad eccezione di quelle controverse o a rischio di indagine giudiziaria). Non ci sono solo gli annunci ufficiali nei cinguettii mattutini del presidente americano, ma anche un continuo dialogo con i suoi sostenitori e un fuoco di fila ininterrotto contro i suoi avversari. Via Twitter si fa tanto campagna elettorale quanto si sonda il gradimento su possibili decisioni facendole balenare come possibilità per il futuro. Ma nella realtà italiana le cose non vanno molto diversamente. Nell’attuale maggioranza il vicepremier Salvini ha costruito una squadra di 'spin doctor' (così si chiamano da tempo gli addetti stampa più dinamici) e di esperti del web che gli permette, insieme al suo fiuto politico, di essere costantemente presente sui social media, intervenendo sui principali temi, o lanciandone egli stesso di nuovi, con uno stile che esalta le caratteristiche intrinseche del mezzo.

È qui che il libro di Ziccardi – Tecnologie per il potere. Come usare i social network in politica, Cortina Editore, 254 pagine – si dimostra particolarmente utile. Perché spiega come le tecniche utilizzate – per esempio le tre regole della 'politica veloce': occupare subito lo spazio mediatico, polarizzare la discussione e alzare i toni – finiscano con il mettere in circolo la cattiva moneta della disinformazione e delle fake news.

Una politica tutta schiacciata sul momento, sul post di Facebook o sul breve video a effetto – tentazione ormai comune a tutti i protagonisti del dibattito pubblico – crea una focalizzazione sullo slogan, impedendo qualsiasi riflessione ragionata, e cancella il passato, con un rincorrersi di dichiarazioni che scadono dopo pochi minuti conducendo all’oblio di quelle precedenti e aprendo la strada a nuovi proclami, magari di segno opposto a quelli precedenti. La comunicazione politica, scrive l’autore, si è così trasformata in luogo di rumore, dove chi genera più caos attira maggiore attenzione.

Lo stesso sistema interno del Movimento 5 stelle, la mitizzata piattaforma Rousseau, rientra nel novero dei nuovi media che trasformano l’essenza dell’impegno pubblico dei rappresentanti e la delega che loro concedono i rappresentati. Ziccardi, non a caso, sottolinea i rischi di questa tendenza, senza però sottovalutare tutte le opportunità che ugualmente si aprono. Per questo il volume può anche prestarsi a diventare il manuale di un aspirante candidato a livello locale o nazionale. Con la speranza che egli prenda i buoni suggerimenti e eviti le derive puntualmente denunciate.

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