mercoledì 21 marzo 2012
Il ministro Balduzzi: l’azzardo compulsivo verrà inserito nei Lea. Andrea Riccardi: vietare o limitare la pubblicità del gambling. All’incontro organizzato dal Terzo Polo presentate una serie di proposte. Binetti (Udc): sempre più sottile la differenza tra divertimento e schiavitù​
Udine adesso dice basta a nuove sale gioco
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​Un bel (trasversale) pezzo di Palazzo sembra mostrare i muscoli perché ci si decida a mettere almeno una toppa ai danni causati dal gioco d’azzardo. E un bel pezzo di governo sembra non voler fare orecchio da mercante. Il ministro per l’Integrazione Andrea Riccardi, ad esempio, ribadisce che bisogna «vietare o almeno limitare la pubblicità dei giochi d’azzardo», aggiungendo che ha appena chiesto al ministro dell’Economia d’«inserire un articolo specifico nel decreto interdirezionale, per evitare che singole patologie, curabili, diventino invece un vasto e drammatico costume sociale». Il suo collega alla Salute, Renato Balduzzi, ammorbidisce un po’ il concetto, che però sta diventando convincimento diffuso nell’esecutivo: «La pubblicità non è qualcosa che si possa proibire, però richiede codici di autolimitazione e regole per impedire che il messaggio, specialmente fra i giovani e le persone fragili, ingeneri speranze che possono poi finire in tragedia».Nuove regole o clausole. Lo stesso Balduzzi però è andato anche oltre con gli annunci: «So che il ministero dell’Economia sta lavorando per limitare gli spot» e potrebbe farlo «con l’introduzione di regole unilaterali da parte dello Stato o clausole nelle concessioni». Ma anche al suo ministero della Salute, col Viminale, stanno valutando come dare più poteri ai sindaci per intervenire sul numero di slot machine che si moltiplicano.Nuovo slancio. Così il convegno organizzato ieri dal Terzo Polo, “<+corsivo>A che gioco giochiamo? Un’oscura dipendenza<+tondo>” (tanto affollato da far... chiudere le porte della sala già mezz’ora dopo il suo inizio per capienza raggiunta e superata), ha segnato una specie di spartiacque lungo il tragitto che porterà a nuove misure per arginare un fenomeno sempre più pericolosamente diffuso.Cinque possibilità. Sul tavolo parlamentare attendono non meno di cinque proposte, alcune bipartisan, insieme alla certezza che ne sortirà qualcosa a breve/medio termine: alzare almeno al 20% l’aliquota di tassazione sulla raccolta da giochi, destinare l’1% della stessa raccolta – cioè circa 140 milioni di euro – a prevenzione, cura e riabilitazione dal gioco d’azzardo patologico (diviso al 33% per lo Stato, 33% per i gestori e 33% sulle vincite), definire i “Livelli essenziali di assistenza” (Lea) delle dipendenze da gioco, destinare ad efficaci campagne di prevenzione la metà di quanto speso dai Monopoli per gli spot che incentivano il gioco e, infine, mutuare su scala nazionale l’esperienza di alcuni comuni che sul loro territorio hanno regolamentato il gioco d’azzardo (definendone orari, luoghi e forme di tutela per minori e fasce deboli).«Subito via quel video dalle scuole». E se il governo per bocca del ministro Balduzzi sempre ieri ha assicurato che il gioco patologico «sarà inserito nell’aggiornamento dei Lea, in modo da garantire il giusto percorso di prevenzione, cura e riabilitazione», Emanuela Baio (Api) è convinta che «alcune proposte possano essere accolte subito dal governo. Intanto andrebbe rimosso  immediatamente un video che sta circolando nelle scuole, stato promosso dai Monopoli, che propone il gioco come opportunità della vita per i giovani». E secondo Paola Binetti (Udc) «il confine tra gioco e dipendenza è sempre più sottile. Giocare è possibile ovunque e in ogni momento. E l’attesa si trasforma in gioco e il gioco può diventare malattia».38mila euro l’anno. Ogni giocatore patologico costa circa 38mila euro l’anno, stando allo studio “Social cost of gambling in Germany” del 2008: i costi diretti sono i trattamenti sanitari, la protezione dei giocatori, la prevenzione o altro (come procedimenti legali o crimini legati al gioco), in tutto cioè 3.571 euro stimati. Tra i costi indiretti quelli causati da assenteismo, calo di produttività e disoccupazione.
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