sabato 26 settembre 2015
Sabato e domenica in 400 piazze torna "Aggiunti un pasto a tavola", l'iniziativa della Comunità Papa Giovanni XXIII, che sfama ogni giorno 41mila persone.
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La fame – di cibo ma anche di uno straccio di compagnia, di qualcuno che ti rivolga la parola e ti tratti da essere umano – ha gli occhi sbarrati di un uomo seduto su un materasso consunto e sporco. E sopra all’immagine è scritta una verità che colpisce in pieno volto: 'Quel morto di fame di mio fratello'. È questa la campagna scelta dalla associazione Comunità Papa Giovanni XXIII per lanciare la settima edizione di 'Aggiungi un pasto a tavola', iniziativa che oggi e domani si terrà in 400 piazze di tutta Italia, (ma anche in dieci Paesi esteri, dall’Olanda alla Spagna, dalla Russia alla Bolivia...), per assicurare un pasto alle 41mila persone che tutti i giorni, nessuno escluso, siedono alla mensa della Comunità. 'Che dici, quanta pasta faccio?', chiede un marito nello spot radiofonico, 'Un etto a testa... quindi 4 tonnellate, direi', risponde la moglie. Quattro tonnellate tutte donate, come ogni anno, dal Pastificio Divella: basterà raggiungere una delle mille postazioni allestite da nord a sud (cercate quella più vicina a casa vostra sul sito www.unpastoalgiorno.org) e dietro una piccola offerta libera si riceverà un pacco di pasta, simbolo di ciò che per molti è ordinario ma per molti altri è ancora straordinario. «Non la vendiamo, la nostra logica è diversa – spiega Marco Panzetti, responsabile della raccolta fondi per la Papa Giovanni XXIII –: se vuoi la prendi su, altrimenti comunque entro due settimane sarà stata servita sui tavoli dei nostri 41mila fratelli alle mense dei poveri. È lo stile della Comunità, che non si accontenta di raccogliere soldi ma pretende di cambiare le coscienze, mettendoci la faccia».  E così 'morto di fame', un’invettiva, si trasforma in missione. Sono proprio i morti di fame, di tutti i tipi di fame, ad occupare un posto privilegiato nel 'mondo alla rovescia' della Papa Giovanni, una piramide a testa in giù in cui gli ultimi sono davvero i primi e i poveri sono i più ricchi di attenzioni. Ciò che contraddistingue da sempre questa realtà è la condivisione diretta di vita: i volontari dell’associazione aprono veramente le porte della casa in cui vivono e vi accolgono il reietto della società (o due, o tre...), facendone un membro della propria famiglia. Senza scadenze, anche per tutta la vita. Un’intuizione che ebbe il fondatore don Oreste, scomparso nel 2007 (è in corso la causa di beatificazione): dare una famiglia a chi non l’ha. Perché – diceva – ogni malattia, fisica e dell’anima, si guarisce con l’amore. Niente di sdolcinato o retorico, tutt’altro: basta incontrare le migliaia di ex (ex drogati, ex assassini, ex barboni, ex prostitute, ma anche ex depressi, soli, scartati, abbandonati, derisi, disabili, matti, emarginati, sfruttatori, ladri...), diventati fratelli e sorelle in quelle famiglie, per cogliere la potenza travolgente del 'metodo Benzi'. «Mio fratello non siede alla mensa dei poveri – spiega insomma Paolo Ramonda, responsabile generale della Papa Giovanni – ma alla mia stessa tavola. Significa che se non c’è abbastanza cibo per entrambi dividiamo quel poco che c’è. Vedere nell’emarginato un nostro fratello, che non ha nessuna colpa della sua condizione ma è vittima di un’ingiustizia, deve essere un imperativo per tutti noi. È questo il messaggio principale che vogliamo ribadire». E alla base del quale c’è sempre il monito semplice quanto incontrovertibile di don Oreste, quando parlava di condivisione: «Non per carità, ma per giustizia». Sono ormai trentasei i Paesi in cui questo principio ha dato origine alle 500 tra casefamiglia e centri di accoglienza dell’associazione (la gran parte comunque in Italia). In Cile, ad esempio, nel quartiere di Peñalolen, uno dei più miseri di Santiago, è nato il comedor 'Nonno Oreste', che dà da mangiare tutti i santi giorni a 170 persone in estrema difficoltà. Ma la Comunità si fa sentire e agisce anche nelle stanze dei bottoni, presso il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite a Ginevra, presso cui è accreditata dal 2006: «Infatti 'Aggiungi un pasto a tavola' sarà anche presso l’Onu – sorride Ramonda –, per sensibilizzare le istituzioni internazionali e dare voce a chi non ha voce». Lo diceva il fondatore, quando si faceva ricevere dai potenti senza mai temerli: non basta mettere la spalla sotto la croce del fratello, occorre fermare chi fabbrica le croci. Il punto non è dare cibo, ma rimuovere le cause della fame.
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