giovedì 12 dicembre 2019
La costituzionalista milanese: una meta meritata per una studiosa di alto profilo, con una formazione aperta al mondo, che è anche madre attenta e donna sensibile ai destini degli ultimi
Marta Cartabia (Ansa)

Marta Cartabia (Ansa) - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Marta Cartabia, presidente della Consulta: quanti pensieri e quanti sentimenti si affollano e si rincorrono suscitati da un importante fatto di cronaca istituzionale, oggi sulla bocca di tutti, la cui eco piano piano si smorzerà. Non si potranno, invece, smorzare le considerazioni evocate dalla persona protagonista di questo fatto, non semplicemente istituzionale ma aperto a spunti che affondano nella coscienza del popolo, quel popolo che il Giudice Cartabia si appresta a servire in questo suo nuovo ruolo di guida ad un organo di così alto prestigio.

Certamente di grande momento è che si tratta di una donna. Oggi si è molto attenti a questo elemento, troppo spesso trascurato dalla politica e verso cui si appuntano le critiche di donne e uomini che ne percepiscono l’evidente sproporzione presente nello spazio pubblico. Ma sono certa, in forza di una lunga storia di amicale frequentazione, che non è stato questo il primo pensiero del nuovo Presidente una volta insediato anche se, certamente, la questione evocata non è di scarso rilievo. E non è neppure in nostro. Più profondo, più reale è per tutti noi il senso di una meta meritata, guadagnata in anni di impegno nello studio, nelle relazioni, nella costruzione di pezzi importanti della scienza costituzionalistica italiana, che ha contribuito ad aprire al mondo mentre rimaneva, nello stesso tempo, attenta ai dettagli imposti da una vicinanza che tocca fin nel più profondo del cuore, quando si è uniti da una passione per la musica, per la montagna e non solo.

L’Università Statale di Milano va assolutamente fiera di questa sua figlia scientifica; la nostra istituzione ha avuto la lungimiranza di non trattenere per sé i frutti del suo intelletto, lasciando che Marta Cartabia si specializzasse anche altrove, nutrendosi a scuole di pensiero che spaziano oltre il livello nazionale, libere di volare verso l’Europa, poi al di là dell’oceano e, ancora, verso i diversi mondi incontrati negli anni della formazione.

Gli anni della formazione: che slancio devono guadagnare i nostri giovani guardando al percorso compiuto dalla studentessa e poi dalla giovane professoressa Marta Cartabia. Che ciascuno di loro ne raccolga anche solo un frammento e che i loro maestri facciano propria la generosità dei suoi maestri che mai l’hanno trattenuta, consentendole di percorrere le strade del mondo alla ricerca di una propria identità scientifica e, prima ancora, umana.

Cosa ha generato questo formarsi alla varietà, ampia come il mondo, delle sue esperienze umane e scientifiche? Ne è nato una un pensiero innovativo, espresso nelle sue molteplici pubblicazioni e legato, soprattutto, ad un profilo profondamente e intimamente umano. Non c’è pensiero autentico, non c’è pensiero scientificamente alto, che non affondi le proprie radici nella stoffa umana di chi lo elabora e lo comunica. Di questo tratto umano della studiosa Marta Cartabia danno testimonianza non solo gli scritti ma anche le azioni che da tale pensiero sorgivo sono scaturite: basti pensare a tutta l’attenzione che ella ha dedicato allo studio dei diritti fondamentali e che si riflette nello sguardo commosso, attento al destino degli esclusi che molti hanno visto nella visite ai carcerati, nella valorizzazione della giustizia riparativa e, non ultimo, nella passione per l’insegnamento e per gli studenti che hanno potuto godere delle sue lezioni, molti dei quali oggi valenti studiosi. Ma si pensi, ancora, alla riscoperta delle grandi radici della nostra civiltà, quel tragico ma anche razionale pensiero che vede in Antigone il simbolo immortale di drammi presenti anche nell’oggi, così tormentato. È forse questo il profilo più nitido di quell’amore alla giustizia che nessuno ha oggi il coraggio di negare teoricamente ma che purtuttavia viene troppo spesso negato nei fatti: difenderlo dagli attacchi di un pensiero negativo può essere
oggi un compito che spetta a lei, più che ad ogni altro.

E la giustizia non è solo un atto che sgorga dal corretto, formale bilanciare. Essa si genera in seno a tutte le relazioni di cui una persona si nutre, primariamente in quelle familiari ed amicali. Non lo può certo negare lei che è, prima di ogni altro ed alto traguardo, madre dei suoi figli. Sempre riparati, conservati, nutriti nel silenzio così come i figli degli amici, a partire dai più affaticati. Ed infatti oggi siamo in tanti, i tanti suoi amici, ad essere intimamente contenti per questo traguardo, nel circondarla di pensieri e di ricordi, nel guardarla come parte di noi, delle nostre case, delle nostre cene, dei nostri percorsi, anche di quelli più drammatici.

Di lei, vorrei ricordare ancora un tratto, in questo giorno così solenne, per renderla più vicina ai lettori, il tratto dominante dell’equilibrio, in lei sempre presente, nelle occasioni pubbliche e nella vita di tutti i giorni. Lo ricordo a noi, così sbilanciati, spesso, verso piccoli traguardi, verso piccole mete da raggiungere oppure affaccendati in tante piccole cose che non riempiono e che spingono solo a non pensare. Mentre occorre continuare a pensare, a incontrare, a camminare verso cose che ci proponiamo e cose che neppure ci immaginiamo. La vita può essere una grande sorpresa e noi possiamo ancora meravigliarci sotto il cielo infinito, quel cielo di Lombardia che è così bello quand'è bello, così splendido, così in pace. Che il cielo di Roma, dal balcone del Palazzo della Consulta, lo stesso cielo che abbiamo tanto volte ammirato nella nostra Varese, dal nostro Sacro Monte, l’accompagni e la sostenga in questo nuovo, grande tratto del suo cammino.

* professore di Diritto costituzionale Università Statale di Milano

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: