martedì 5 aprile 2016
​Il deputato del Pd: siddento dal mio partito, un errore predicare la non partecipazione.
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​Caro direttore,ancora non so come voterò al referendum sulle trivellazioni, ma di sicuro voterò, prendendo tremendamente sul serio le questioni sottese al quesito, pure formalmente limitato. Voterò, dissentendo, oggi come in passato, con l’esplicito invito alla non partecipazione o con l’escamotage della fissazione di una data che certo non favorisce il quorum. Intendiamoci: disertare le urne è legittimo e, se motivato, merita rispetto. Fissando un quorum per la sua validità, implicitamente, il legislatore conferisce significato e rilievo alla non partecipazione. E tuttavia non è senza ragione che, nella riforma costituzionale in via di approvazione, sull’istituto del referendum abrogativo, siano state introdotte novità: più firme per avanzare richiesta di referendum (per non inflazionare lo strumento), quorum più basso per la sua validità (per non vanificarlo di fatto, appunto con strategie astensionistiche). Penso perciò che sbagli il Pd: sia perché non è educativo che un grande partito (non un semplice cittadino) che si chiama democratico predichi la non partecipazione; sia perché esso ha anticipato la sua posizione astensionistica affidandosi a un burocratico comunicato stampa dei due vicesegretari a monte di un confronto interno nelle sedi di partito; sia perché l’iniziativa viene da ben nove Regioni, sette delle quali a guida Pd. Meglio sarebbe stato un serrato confronto e, semmai, un argomentato voto contrario. Ho invece molto apprezzato i pronunciamenti della gerarchia ecclesiale, nella loro articolazione. La Cei che, nel documento finale dell’ultimo Consiglio permanente e per bocca di monsignor Galantino, non si è espressa circa il senso del voto, ma ha raccomandato vivamente un serio confronto, un adeguato approfondimento alla luce della "Laudato si’", cioè sulle grandi sfide epocali che riguardano l’economia, la società, la cultura e l’ambiente. Questioni di fondo, oggettivamente connesse alla politica energetica. E vescovi, specie del Sud, giustamente sensibili ai dilemmi sviluppo-ambiente-Mediterraneo. In sintesi, va apprezzato un metodo e un’articolazione delle voci di Chiesa, conforme a quello, se ho inteso bene, auspicato da papa Francesco al convegno ecclesiale di Firenze: Papa e Cei propongono interrogativi radicali che ci costringono a mettere in discussione sul serio i nostri modelli di vita e di sviluppo; i pastori che danno voce al sentire delle loro comunità; i laici cristiani che si assumono intere le loro autonome responsabilità pubbliche. Come non ricordare le parole conclusive di Francesco: «Ma allora che cosa dobbiamo fare, padre? - direte voi –. Che cosa ci sta chiedendo il Papa? Spetta a voi decidere: popolo e pastori insieme».
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