martedì 30 aprile 2013
COMMENTA E CONDIVIDI
Caro direttore,abito in Veneto, ho 39 anni e sono un giocatore compulsivo con sindrome da dipendenza. So in che condizioni sono e perciò chiedo aiuto. Ho passato il giorno di Pasqua senza gas a casa, al freddo e senza mia figlia. Ho litigato con mia moglie che sapendo che mi avevano staccato il gas non mi ha riportato la piccola. A Pasqua 2001 ero in Messico in vacanza con colei che oggi è la mia ex moglie. Più di 10 anni di gioco mi hanno rovinato la vita e anche quella dei miei cari. Frequento l’Associazione giocatori anonimi della mia città da parecchi mesi e finalmente dopo oltre 10 anni di vita da giocatore incallito sono ormai 6 mesi che non gioco, mi astengo completamente. Però non ho risolto i miei problemi. Sono senza soldi, senza lavoro, senza speranza, separato con l’unica figlia lontana 800 km da casa. Sono distrutto psicologicamente. Ho chiesto aiuto anche economico (al Comune per le bollette del gas), ma se non avessi i miei genitori sarei sotto un ponte o sarei anche io per l’esasperazione andato a Roma a protestare. Sono consapevole dello stato d’animo in cui si sentiva domenica mattina Luigi Preiti che ha sparato ai due carabinieri: frustrazione, disperazione, mancanza totale di speranza. Noi giocatori rimaniamo soli, sia quando giochiamo che dopo. So ben io che cosa si prova quando si perde il lavoro, la famiglia, tutti i risparmi, ogni cosa a causa della dipendenza del gioco che lentamente ti porta a pensare solo al gioco come risoluzione di tutti i problemi. Giochi e perdi. Quindi rigiochi per rifarti. Poi magari vinci, ma poco. Quindi rigiochi per sperare di vincere ancora.E perdi ancora. Quindi ricominci. Giorni, mesi, anni e poi arriva il punto che non hai più soldi per giocare. Ti alzi una mattina e ti accorgi di tutti i problemi che hai e a questo punto raggiungi l’esasperazione. Quell’uomo che ha sparato non è pazzo, credo. Credo che sia sfinito dalla sua dipendenza dal gioco e dai suoi problemi. Luigi è come me, ha solo 10 anni di più. Entrambi siamo italiani, padri di famiglia, separati, senza lavoro, senza soldi e esasperati dalla dipendenza dal gioco d’azzardo. Credo di sapere bene come si sentiva nei giorni scorsi Luigi Preiti. Lo so perché anche io sono rimasto senza gas a casa per ben 17 giorni (dopo il Comune finalmente mi ha concesso un contributo per pagare le bollette insolute). Lo so perché anche io sento mia figlia al telefono che è in Slovacchia con sua madre e non so cosa risponderle quando mi dice "Papà quando arrivi… " e io non ho neanche i soldi per pagarmi il viaggio. Lo so perché anche io sono assillato dai debitori che chiamano e spediscono in continuazione raccomandate. Lo so perché anche i miei familiari non capiscono come mi sia potuto ridurre così in miseria. Lo so perché anche io sono un giocatore. Come Luigi. Bisogna parlarne. Io penso che raccontare lo stato d’animo può solo aiutare a far del bene e sono disposto a parlarne apertamente purché ci sia ad ascoltarmi davvero, qualcuno che possa capire come aiutare noi giocatori malati. Non si può combattere il gioco. Non si può controllare il gioco. Vanno aiutati i giocatori ad astenersi e a rifarsi una vita. Io voglio, per esempio, che mi sia disabilitato il codice fiscale per l’accesso a tutti i giochi così come è disabilitato il codice fiscale di un minore che una domenica pomeriggio vorrebbe acquistare le sigarette da un distributore automatico. Voglio in sostanza essere aiutato anche dallo Stato a continuare ad astenermi dal gioco (così come ho imparato nei gruppi di auto aiuto di giocatori anonimi) per potermi rifare una vita senza arrivare a delinquere o a commettere gesti di cui potrei solo pentirmi. Vorrei parlarne anche con politici che siano veramente interessati a capire lo stato d’animo di un padre rovinato dal gioco che però ha la speranza di mandare all’università sua figlia fra 10 anni.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: