giovedì 6 giugno 2019
Oltre un quarto dei giovani preferisce iscriversi ad atenei del Centro e del Nord. Chi rimane si laurea in un tempo maggiore. In 15 anni, l'Italia ha perso più di 40mila matricole
(foto Alberto Cattaneo)

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Non si arresta l'emorragia di capitale umano dalle regioni del Sud Italia. L'ultima conferma del fenomeno arriva dal Rapporto 2019 sul profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati, diffuso dal consorzio interuniversitario AlmaLaurea. Realizzata analizzando le performance di oltre 280mila laureati nel 2018 e di 640mila del 2013, 2015 e 2017, la ricerca mette in evidenza una leggera ripresa delle immatricolazioni (+9,3% in cinque anni), anche se dal 2003 si è registrata una perdita complessiva superiore alle 40mila matricole.

Flusso costante verso il Nord

Anche se il 45,9% dei laureati ha conseguito il titolo nella stessa provincia in cui ha ottenuto il diploma di scuola superiore, il 37% dei laureati magistrali biennali ha studiato in un territorio diverso da quello di origine. In particolare, il 26,4% dei diplomati del Sud e delle Isole ha conseguito la laurea in università del Centro e del Nord. Anche il 90% dei laureati provenienti dall'estero, ha scelto un ateneo del Centro-Nord. «Per motivi di studio - si legge nel Rapporto AlmaLaurea - il Sud perde, al netto dei pochissimi laureati del Centro-Nord che scelgono un ateneo meridionale, quasi un quarto dei diplomati del proprio territorio». E non basta: a parità di condizioni, rispetto a chi si laurea al Nord, chi ottiene il titolo al Centro impiega il 10,1% in più e chi si laurea al Sud o nelle Isole il 19,5% in più. Un dato che si va ad aggiungere ad un'età media nazionale alla laurea già piuttosto alta (25,8 anni), anche se in flessione rispetto ai 27 anni del 2008.

Un ponte verso il lavoro

La laurea resta, comunque, il miglior viatico per entrare nel mondo del lavoro. Nel 2018, a un anno dal conseguimento del titolo, il 72,1% dei laureati di primo livello e il 69,4% di quelli di secondo livello aveva trovato un'occupazione. Rispetto al 2014, il tasso di occupazione dei laureati risulta aumentato del 6,4% per i laureati di primo livello e del 4,2% per i laureati di secondo livello. Mediamente, lo stipendio si aggira sui 1.169 euro netti al mese per i laureati di primo livello e sui 1.232 euro mensili per quelli di secondo livello. Rispetto al 2014 l'aumento del potere d'acquisto è stato, rispettivamente, del 13,4% e del 14,1%, anche se non è stata ancora colmata la perdita del 22,4% per il primo livello e del 17,6% per il secondo, registrata negli anni della crisi economica (2008-2014). A cinque anni dalla laurea, inoltre, il tasso di occupazione è dell'88,6% per i laureati di primo livello e dell'85,5% per quelli di secondo livello e le retribuzioni medie sono, rispetivamente, di 1.418 e 1.459 euro netti al mese.

«Laurearsi conviene»

La ricerca di AlmaLaurea, infine, evidenzia i «vantaggi occupazionali importanti» registrati dai laureati nei confronti dei diplomati. Nel 2018, infatti, il tasso di occupazione dei laureati era del 78,7%, rispetto al 65,7% dei diplomati. Inoltre, un laureato guadagna, in media, il 38,5% in più rispetto a un diplomato di scuola superiore.

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