giovedì 10 giugno 2010
In visita al sito di Flamanville, che diventerà il più avanzato e sicuro d’Europa per l’energia nucleare, dove le spiagge sono meta di famiglie e turisti, che hanno portato benessere alla comunità. Con la proprietà, il colosso Edf, Enel ha stipulato un accordo grazie al quale 58 ingegneri italiani studiano il modello che ha convinto anche gli ambientalisti locali: «Ci sentiamo tutelati».
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Dalla sommità che sovrasta il cantiere di Flamanville si scorge una bellissima spiaggia bianca, adorata da famiglie e surfisti. Intorno sono nate due centrali nucleari, attive ormai da più di vent’anni, e sta prendendo corpo il reattore Epr in cui ci troviamo, il più tecnologicamente avanzato d’Europa. Poco più in là si intravede il sito di La Hague, che tratta i residui di combustibile nucleare prodotti da oltre 100 centrali in tutto il mondo. Com’è possibile che il più grande distretto dell’atomo della Francia e del Vecchio continente sia nello stesso tempo meta di turismo per il resto del Paese? Per capirlo, occorre entrare in questo enorme reticolo fatto di cavi, gru e cemento armato di proprietà dell’Edf, il colosso dell’energia pubblico d’Oltralpe che tre anni fa ha siglato un accordo di collaborazione con Enel. Un’opera valutata 4 miliardi di euro, che ha già creato e creerà oltre 3mila posti di lavoro, più centinaia di posti nell’indotto. È il «modello Flamanville», divenuto in questi mesi di incertezza (anche da parte del governo italiano) l’ultima speranza, nel nostro Paese, per chi vuole investire nelle nuove centrali. Perché mette insieme gruppi industriali e governo, tecnici e sindaci, cittadini e sindacati.L’atomo del futuro sta nascendo qui e sarà, dicono gli esperti, molto più sicuro e conveniente rispetto al passato. A regime, il grande cratere circolare su cui adesso si muovono ininterrottamente ruspe e camioncini di tutte le specie, sarà un reattore con una doppia struttura di protezione in cemento armato, in cui verranno installati ben quattro sistemi di sicurezza. A Flamanville esiste già un impianto di simulazione del reattore, con possibilità di arresto delle attività ogniqualvolta si verifichino delle anomalie.«Priorité securité» recita lo slogan che campeggia sugli edifici del cantiere, dal cancello d’ingresso dove le regole per i visitatori sono rigidissime alla sala operativa. La priorità è la sicurezza, non solo per chi vi lavora.«È una struttura a prova di missile» spiega monsieur Philippe Leigner, direttore Edf della centrale, con un pizzico di sciovinismo. «Flamanville 3 nascerà per arginare il calo di capacità produttiva nell’energia elettrica atteso per il 2020. Sia ben chiaro, però: questa non è una rivoluzione, ma l’evoluzione di un modello».Per i nostri cugini, abituati da sempre ad essere autonomi in materia di approvvigionamento energetico, la «rivoluzione francese» resta ben altro, ma per l’Italia forse raccontare la storia di questa località normanna può essere utile: un centro di ex pescatori e minatori riconvertiti all’atomo. Chi è rimasto in questo paesino con meno di 2mila anime (e popolazione raddoppiata nell’ultimo decennio) lo ha fatto perché nella «fabbrica» nucleare hanno trovato posto i genitori, una sorella, un parente. E perché sono arrivati soldi, tanti soldi (nessuno sa dire quanti) per costruire asili, scuole, biblioteche, ristoranti. Nella regione vivono anche 58 ingegneri dell’Enel, impegnati a Flamanville nello studio dell’Epr: per loro esserci significa innanzitutto capire «come si fa», riacquisendo conoscenze andate perdute. «È quello che stiamo facendo, investendo molte risorse soprattutto all’estero» osserva Paolo Luconi, responsabile del progetto Epr per l’Enel.Poi c’è un’altra lezione che andrebbe imparata in fretta: è quella legata alla partecipazione della comunità locale. Nel salone del Consiglio comunale di Flamanville, il sindaco Patrick Fauchon, un socialista eletto grazie ai voti di una lista civica, ci dà il benvenuto e mostra subito un puntino sulla cartina. «Vede, quarant’anni fa qui hanno deciso di tagliare la costa per fare spazio agli impianti. All’epoca non ero sindaco e non so se sarei stato favorevole a una scelta del genere» ammette. Ma la decisione venne presa e a lui adesso è chiesto di rispettarla, senza ridiscutere quel che poteva essere e non è stato. Negli anni, anche in Francia si è fatto strada un ambientalismo ragionevole che, pur non cedendo sui valori di riferimento, si è dimostrato aperto alle ragioni dell’impresa. «Quel che conta è il rispetto dei principi intangibili», spiega Fauchon. Quali sono? Fauchon li elenca quasi a memoria: sicurezza della popolazione, trasparenza assoluta, partecipazione degli enti locali nella fase decisionale, gestione responsabile delle scorie e dei rifiuti radioattivi, sviluppo sostenibile del territorio. In sintesi: concertazione e coinvolgimento, prima durante e dopo. «Senza consenso non è concepibile un progetto come l’Epr» sorride monsieur Leigner. «Vorrei che i sindaci italiani venissero a Flamanville per capire che il nucleare porta benessere e sviluppo» aggiunge il sindaco. Difficile che il suo invito oggi possa essere accolto.
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