martedì 8 maggio 2018
L'incarico entro giovedì. Ipotesi Belloni (Farnesina)
Il Quirinale (Ansa)

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Per Sergio Mattarella è stata la notte più lunga. La presa d’atto che l’arbitro mite, restio per carattere e cultura istituzionale a giocare in proprio la partita, è costretto, stavolta, a giocarla per il bene dell’Italia, per salvarla dal ripiombare in una crisi istituzionale che fatalmente precipiterebbe in una crisi economica. Che sarebbe rovinosa, dopo dieci anni di profonda depressione da cui si stava iniziando a uscire faticosamente. Pensieri che affollavano la sua mente a sera, quando – riuniti ancora una volta i suoi collaboratori – c’era la percezione che da stamattina inizia una drammatica corsa contro il tempo per tentare di dare al governo al Paese entro fine settimana. Tentare è la parola giusta, ma d’altronde chi – come ieri mattina Matteo Salvini – aveva chiesto ancora una volta l’incarico l’aveva fatto per «provare a cercare una maggioranza », e prove, con il rischio di tornare al voto in caso di mancata fiducia davvero non possono essere concesse a una parte politica.

IL DISCORSO DI MATTARELLA

Dunque, tocca a Mattarella provarci. Parole incisive, quelle che pronuncia davanti alle telecamere assiepate al Quirinale come nei giorni più complicati. E questo lo è come non mai. Senza precedenti sarebbe il nulla di fatto di una legislatura e mai accaduto il voto a luglio: il 22 la prima data utile individuata dai suoi consiglieri giuridici. Circostanze che mettono i brividi. E allora, se l’arbitro è costretto a giocare eccole, una dopo l’altra le carte che il Colle gioca per inchiodare i partiti. Chi dirà no al governo «di servizio» si assumerà una serie di responsabilità. L’aumento dell’Iva al 25 per cento che solo un governo in carica con pieni poteri potrà scongiurare. Un costo di altri 400 milioni per il ritorno alle urne. Non pochi, specie per chi fa del taglio ai costi della politica la sua bandiera. E un rischio ulteriore di non cavare un ragno dal buco con un nuovo avvio complicato di legislatura e di andare a quel punto verso l’esercizio provvisorio di bilancio, vera sciagura per l’economia italiana.

Ma, intanto, il rischio concreto di insuccesso del tentativo rende più difficile, per Mattarella, anche individuare il candidato e i ministri. Donna cercasi, ma i nomi sin qui ipotizzati fanno i conti con il ristretto arco temporale prospettato. Cadono le diverse ipotesi sondate o valutate: perde quota Marta Cartabia, che per accettare un incarico altamente a rischio dovrebbe lasciare la Consulta dove è vicepresidente con prospettive di salire di un gradino; sembra tramontata anche l’economista Lucrezia Reichlin, ex direttore generale della Banca centrale europea, e ora docente alla London Business School; fuori dai giochi Elisabetta Alberti Casellati, per l’ulteriore garanzia che Mattarella ha inteso dare di figure «neutrali», che dovranno promettere di non ricandidarsi, per evitare il ripetersi di un caso Monti. Scelta maturata nelle ultime ore, per vincere una delle obiezioni più forti contro un governo tecnico, ossia il rischio che a un certo punto, premier e ministri possano essere tentati di 'mettersi in proprio'. Dei nomi in campo – per la premership o per un ministero chiave – ne restano pochi e altri li si dovrà trovare. C’è Elisabetta Belloni, segretaria generale della Farnesina, e c’è l’ex commissario per la spending review Carlo Cottarelli, attuale direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica. Ma valgono anche per loro i nodi circa le incerte prospettive che l’incarico potrebbe avere.

Gli ostacoli crescono, e il tempo diminuisce. Mattarella non ha indicato un termine, ieri sera. Ma sa bene che non potrà andare oltre le 48-72 ore per ufficialiazzare l’incarico, per non bruciare, in caso di insuccesso, anche la data delle elezioni del 22 luglio.

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