giovedì 13 novembre 2014
​L’ex ministro: il governo si batta sui fondi all’occupazione affinché non ci penalizzino.
COMMENTA E CONDIVIDI
«Credo che sia interesse stesso della Commissione Europea e del suo presidente Junker fare luce sulle critiche che riguardano il cosiddetto Lux-leaks, come ha iniziato a fare. Ma oltre alla chiarezza sarebbe importante un’iniziativa politica, in direzione di quella armonizzazione fiscale che manca e che, a mio parere, offre una base alle polemiche di questi giorni». L’ex ministro per l’Europa Enzo Moavero Milanesi spiega: «Sono polemiche anche leggibili in una prospettiva positiva. Significa che finalmente il dibattito sull’Ue si è avviato verso una normale dialettica democratica: mostrano che è cresciuto l’interesse dei cittadini e dei media nei confronti di quanto avviene nelle sedi istituzionali europee». Questa vicenda delle agevolazioni fiscali in Lussemburgo non rischia di dare un grave colpo alla credibilità dell’Ue, che aveva appena recuperato consenso con l’elezione del presidente della Commissione? Per quanto riguarda la questione specifica, tutto dipenderà dalle risposte concrete che la Commissione darà, penso, in tempi rapidi. Su un piano più generale, siamo di fronte a una 'politicizzazione' dell’Unione Europea, in cui sempre più spesso, sono presenti dinamiche che l’avvicinano alla fisiologica dialettica politica che conosciamo all’interno dei singoli Stati, dove sono all’ordine del giorno gli scontri, anche aspri, tra governo e opposizione. Nel merito della vicenda che impressione si è fatto? Non conosco sufficienti dettagli della vicenda, per la quale è bene attendere le conclusioni della stessa Commissione. Tuttavia vorrei ricordare che la materia tributaria è una di quelle poche sulle quali, nella Ue, si decide solo con l’unanimità dei consensi degli Stati. Di conseguenza c’è scarsa armonizzazione fra le leggi nazionali e ogni Stato è legittimato a offrire il regime fiscale che ritiene. Per non violare il diritto Ue, è essenziale applicare tale regime a tutti, senza discriminazione tra soggetti nazionali e di altri Paesi europei, e non configurare forme di aiuto di Stato alle imprese. In un tale contesto, il Lussemburgo, rispetto ad altri paesi, con il suo minimo debito pubblico e il bilancio in pareggio, può permettersi regimi di tassazione particolarmente attraenti. Insomma, il caso Junker va ricondotto all’interno di una normale competizione tra Stati in campo economico e fiscale? Se non emergeranno profili di diverso tipo, in particolare di eventuali aiuti di Stato, la decisione del governo lussemburghese appare, da un punto di vista formale, legittima. Tuttavia, l’Ue è percepita – ed è un bene – sempre più come una entità politica e alle critiche si può rispondere anche con atti politici. Penso che si potrebbe andare nella direzione di una più incisiva armonizzazione tributaria fra i Paesi dell’Unione. Oggi sono armonizzate, essenzialmente, solo l’Iva e le accise, ma le varie aliquote – cioè, proprio la parte che più ci tocca da vicino – sono sempre decise dai governi nazionali. I populisti hanno preso di mira l’Ue, additata come la causa di tutti i mali. E a volte ci si mettono anche i governi nazionali... L’immagine che spesso si ha delle istituzioni Ue non combacia con la realtà. Sovente si accusa l’Europa di fare poco o, al contrario, di fare troppo, dimenticando che questo dipende dai poteri e dalle competenze effettivamente attribuite al livello europeo. Scordiamo anche che ogni Stato partecipa in maniera determinante, in sede di Consiglio Ue, al governo dell’Unione, che non è ancora una federazione, ma un organismo complesso, con delicati equilibri tra realtà nazionali e processi di progressiva condivisione di sovranità in alcuni, ma non tutti, settori. Junker ha stanziato 300 miliardi di euro in tre anni per rilanciare l’occupazione. Sono pochi? Per essere precisi, ha parlato di «investimenti addizionali »: bisogna capire da dove verranno, quale sarà la percentuale di fondi pubblici e quella di fondi privati: la Commissione lo dirà prima della fine dell’anno. Ma ancora più importante, sarà comprendere dove andranno gli investimenti, come si ripartiranno sul territorio dell’Unione Europea. Come Italia dovremo affrontare una nuova sfida, visti i ritardi nell’utilizzo dei fondi strutturali Ue: è essenziale che il nostro Governo si assicuri che il nuovo strumento agevoli il sistema Paese alla pari dei nostri partner.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: