giovedì 30 settembre 2010
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Esserne scampati per 50 anni, o magari pure 60, non mette al riparo dall’insorgere della celiachia, l’intolleranza al glutine che affligge in Italia almeno 100mila persone. Anzi, le probabilità di riscontrarla aumentano con il crescere dell’età. Un fenomeno legato con ogni probabilità alle mutate abitudini alimentari e a prodotti in commercio diversi rispetto al passato. A sfatare un luogo comune che lega la patologia alla sola stagione pediatrica, ci ha pensato un ampio studio epidemiologico congiunto, condotto da ricercatori italiani del Center for Celiac Research dell’università di Baltimora, in collaborazione con l’università Politecnica delle Marche di Ancona, la Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, il Women & Children’s Hospital di Buffalo ed il Quest Diagnostics Inc. di San Juan Capistrano in California. Sul fenomeno si farà il punto durante la Conferenza nazionale su Alimentazione e supporto nutrizionale organizzata dall’Ordine nazionale dei Biologi, che si terrà a Roma domani e il 2 ottobre presso l’Aula Magna della Pontificia Università Lateranense.Le evidenze scientifiche emerse, pubblicate di recente sulla rivista Annals of Medicine, raccontano che l’incidenza della patologia raddoppia con l’arrivo della vecchiaia. Una particolare ricerca, che ha i contorni di un lungo viaggio di analisi, ha saputo tracciare la «storia» di una inclinazione: il riscontro è avvenuto su 3.500 cittadini americani di cui i ricercatori conservavano campioni di sangue raccolti nel 1974, quando già tutti erano entrati nell’età adulta. A distanza di 15 anni, nel 1989, le analisi sono state ripetute sui medesimi soggetti, con risultati sorprendenti: «Il numero di persone con marcatori sierologici positivi per celiachia è raddoppiato in quindici anni - ha spiegato il coordinatore della ricerca Alessio Fasano, direttore dell’University of Maryland’s Mucosal Biology Research Center e del Celiac Research Center - passando da un caso su 501 nel 1974 a uno ogni 219 nel 1989 (oggi l’incidenza è dell’1% sull’intera popolazione)». Dunque, soggetti che al primo test erano risultati negativi alla celiachia, avevano sviluppato l’intolleranza in seguito.I dati rivelano dunque un fattore cruciale per i ricercatori, e cioè che «la celiachia può insorgere a qualunque età - aggiunge Carlo Catassi, dell’università Politecnica delle Marche-, scardinando l’errata convinzione che sia una patologia prettamente legata all’infanzia». Anche se sono ancora incerti i fattori che favoriscono questo incremento epidemiologico, gli studiosi azzardano qualche ipotesi, ancora tutta da verificare: «Tra le possibili ragioni alla base dell’incidenza geriatrica della malattia, non essendo cambiata la struttura genetica del campione, potrebbero esserci quelle ambientali - aggiunge Catassi-. Con sicurezza possiamo dire che, negli ultimi decenni, da una parte è aumentato il consumo di glutine nella popolazione, dall’altra anche la qualità e la tipologia di quest’ultimo».In conclusione, il professor Catassi ritiene «possibile ipotizzare che attualmente si consumino dei grani più "tossici" per i soggetti predisposti alla celiachia. E tengo a precisare, per i soggetti predisposti, per non creare immotivati allarmi». Le soluzioni per chi ne soffre, ad oggi, non cambiano: la dieta, infatti, che prevede l’eliminazione di alimenti ricchi di glutine, resta per il momento l’unica terapia possibile: «E’ efficacissima anche per gli anziani, se seguita con disciplina e con l’apporto di un bravo medico, che abbia saputo diagnosticare tempestivamente la patologia - conclude Catassi-. I ritardi diagnostici, infatti, sono ancora in Italia una pesante zavorra. Sarebbe bene non sottovalutare i sintomi».
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