domenica 25 settembre 2022
La coppia siriana, scappata da Aleppo e arrivata in Puglia coi tre figli grazie a un corridoio umanitario, oggi festeggia una nuova vita. E l’ultimo arrivato, Adam
Motiaa, sorridente, firma il rogito per l’acquisto della casa.

Motiaa, sorridente, firma il rogito per l’acquisto della casa. - ,

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Una casa per una famiglia è fondamentale. Lo è ancor di più per una famiglia di immigrati. E ancora di più se la loro casa di origine non c’è più, perché la guerra l’ha portata via. Questa è la storia di Adnan e Motiaa, 49 e 45 anni, profughi siriani di Aleppo, la città martire, ridotta a cumuli di macerie. Una storia di impegno, di collaborazione comunitaria, di integrazione, di speranza. La famiglia, padre, madre e tre figli maschi, oggi di 21, 18 e 15 anni, è arrivata in Italia nel 2017 grazie ai corridoi umanitari di Unhcr, Oim e Caritas. La casa è frutto dei loro risparmi di cinque anni di lavoro e del sostegno della Caritas e della Fondazione Migrantes della diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, in Puglia, nell’ambito delle iniziative per evitare che le famiglie, italiane e immigrate, finiscano in mano agli strozzini. Il 7 agosto è nato a Tiggiano il quarto figlio, Adam. Sempre maschio.

Pochi giorni prima del ricovero, Adnan e Motiaa hanno firmato il compromesso e lo scorso martedì sono andati dal notaio a firmare il contratto. A raccontarci questa bella storia è don Lucio Ciardo, direttore della Caritas diocesana e responsabile dell’Uffico per la pastorale sociale e del lavoro. «Erano emigrati in Libano, però i figli non potevano andare a scuola. Quindi i genitori, soprattutto la mamma, hanno voluto venire in Italia per dar loro un futuro. Sono stati accolti nel Sai (ex Spar, ndr) del comune di Tiggiano. Finito il percorso di due anni e mezzo, sono andati a vivere in una casa in affitto pagato da loro». Perché la coppia non è rimasta con le mani in mano, ma si è messa a lavorare. Lui è un imbianchino molto bravo («Mi ha aiutato a imbiancare la chiesa» dice don Lucio) e ha trovato lavoro in un’azienda, con un contratto regolare, sempre a Tiggiano. Al figlio più grande, seguito dalla diocesi, piaceva fare il meccanico così ha fatto un tirocinio lavorativo in un’officina di Corsano e ora sta per firmare il contratto.

La moglie è molto brava a cucinare e lavorerà nel nuovo progetto per un catering multietnico, 'Cose buone dal mondo', promosso dalla cooperativa sociale Ipad (Integration, peace and development) Mediterranean , sostenuta da Sovvenire. «È una cooperativa composta da quattro ragazzi immigrati e cinque pugliesi. Svolgono servizi per la diocesi e agricoltura sociale, su terreni affidati dalla gente ». Lavoro e risparmi. «Molte nostre famiglie non si possono più permettere di comprare una casa perché non riescono. Questa famiglia in cinque anni è riuscita a mettere da parte 35mila euro. Con tanti sacrifici». Poi è intervenuta la Caritas attraverso la Fondazione Monsignor Vito De Grisantis, che fa microcredito.

«Facciamo prevenzione dall’usura, microcredito alle imprese e sostegno alle famiglie, in particolare a quelle indebitate. Collaboriamo con l’associazione Ricrediti di Parma con cui sosteniamo chi non è bancabile, in particolare gli immigrati che hanno più difficoltà a trovare un mutuo. Proprio tramite Ricrediti abbiamo fatto un prestito di 10mila euro sia al marito che alla moglie della famiglia siriana. Il resto, 15mila euro, i proprietari della casa hanno concesso di farglieli pagare piano piano». Ma non è solo una questione economica, come ci tiene a sottolineare don Lucio.

«È importante che vadano avanti con le loro gambe. Malgrado siano una famiglia numerosa hanno messo da parte 35mila euro, con lavoro vero, regolare, non in nero. E non vivono di assistenzialismo. Il compito di una diocesi è promuovere un’uscita da una prima fase di giusta assistenza. Non solo dare il pacco alimentare, ma educarci a coinvolgere le persone a capire quali sono i loro talenti. Capacità di dire “stiamo insieme”». La parrocchia di Tiggiano dove don Lucio era parroco, già nel 2010 aveva accolto due afghani e due siriani. È stata messa a disposizione una piccola casa della parrocchia, dove 70 famiglie italiane facevano da mangiare a turno. Uno degli afghani è un ingegnere che lavorava per gli americani. Sa otto lingue.

Ora fa parte della cooperativa. Interventi non solo in Italia. Così sono state sostenute iniziative economiche nei Paesi di origine degli immigrati. Uno, ad esempio, ha realizzato un allevamento di polli in Mali che conduce la moglie, mentre lui qui fa il bracciante. E ora si festeggia la nuova casa della famiglia siriana, una vera storia comunitaria. E la più bella immagine è quella di Motiaa che firma il contratto (la casa è intestata a lei) mentre Adnan tiene in braccio il piccolo Adam. Speranza e integrazione concreta.

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