sabato 21 gennaio 2017
I tecnici incaricati dei sopralluoghi degli edifici lesionati sono costretti a districarsi tra schede, perizie e adempimenti vari. Nelle Marche ancora 65mila case da verificare
Edificio lesionato a Tolentino

Edificio lesionato a Tolentino

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La neve che sta ricoprendo le macerie del terremoto prima o poi se ne andrà. Ciò che resterà sarà, invece, la macchina burocratica «infernale» che sta rallentando l’opera di ricostruzione, impedendo di fatto l’apertura dei cantieri. È circostanziata la denuncia fatta ad Avvenire dall’ingegner Marco Cortellucci di Macerata, tra i professionisti incaricati di effettuare le verifiche degli edifici lesionati dalle scosse dell’ottobre scorso nelle Marche. Il suo racconto è una sorta di via crucis tra schede “Fast”, schede “Aedes”, “white list”, “perizie giurate” dal notaio e chissà quant’altro ancora. Un labirinto di carta al termine del quale c’è «la gente che muore di freddo, di paura e di disperazione».
Già presente sul campo nel 1997 in occasione del terremoto che devastò Marche e Umbria, l’ingegner Cortellucci si è nuovamente messo all’opera in occasione delle recenti scosse che, ancora una volta, hanno colpito la sua terra. «Stavolta, però, l’organizzazione è del tutto diversa e, purtroppo, largamente peggiorata rispetto a vent’anni fa», sottolinea. Il nodo della questione sono, appunto, gli adempimenti burocratici richiesti ai professionisti che si occupano della ricostruzione e quindi, di riflesso, ai cittadini che hanno perso la casa.
«Per prima cosa – attacca Cortellucci – ci hanno chiesto di compilare le schede Fast, una sorta di sopralluogo “veloce” che stabilisce se un edificio è agibile o meno. Questo primo lavoro è svolto a titolo gratuito, come volontariato puro e in spirito di solidarietà con le popolazioni colpite. Il secondo adempimento è la scheda Aedes, che riporta la stima del livello dei danni dell’edificio esaminato, unitamente a una perizia giurata in Tribunale o presso un notaio, per evitare supervalutazioni al fine di ottenere rimborsi non dovuti».
Tra la prima e la seconda fase non devono trascorrere più di trenta giorni, pena la perdita del contributo. «Peccato che – osserva Cortellucci – prima di assumere l’incarico, dobbiamo iscriverci a una “white list” (una sorta di “lista dei buoni”) che sarà depositata in Prefettura, che, per inciso, ancora non esiste, per ottenere un numero di iscrizione che dobbiamo riportare sulla lettera di incarico per l’inizio delle attività professionali, da registrare all’Agenzia delle entrate entro dieci giorni dalla sua sottoscrizione. Tutto questo entro trenta giorni. Se anche riuscissimo a fare in tempo, dopo si dovrà ricominciare tutto daccapo, con la compilazione di un’altra scheda (la terza!) e finalmente, forse, la redazione della progettazione di miglioramento sismico del fabbricato potrà avere inizio e dovrà essere completata entro sessanta giorni».
Per non sforare i termini di tutte queste scadenze, i professionisti che, come l’ingegner Cortellucci, sono all’opera sul territorio, sono costretti a saltare da un ufficio all’altro, da una pratica all’altra, con l’assillo perenne di arrivare in ritardo. «Questa mostruosa macchina burocratica – continua Cortellucci – sta scoraggiando molti colleghi e, come unico risultato tangibile, ha ottenuto che, soltanto nelle Marche, a cento giorni dalle scosse di ottobre, a fronte di 80mila richieste di sopralluogo, ne sono stati effettuati 15mila. Insomma: 65mila edifici non sono stati ancora verificati, perché nessuno ha effettuato un sopralluogo. A Tolentino, dove circa la metà delle abitazioni non è utilizzabile, la prima scheda Fast è stata redatta quindici giorni fa. Di questo passo, i primi cantieri apriranno non prima dell’ottobre 2018, due anni dopo il terremoto».

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