mercoledì 15 marzo 2023
L’Europa chiede il mutuo riconoscimento delle espulsioni da parte dei Paesi: solo il 21% degli allontanamenti si completa. E sulla Bielorussia: stop a chi strumentalizza i profughi
Rimpatri, l'Ue accelera con gli Stati. «Servono vie legali per i migranti»

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L’unico modo per prevenire davvero le morti in mare è impedire le partenze irregolari, favorendo però le vie legali. La commissaria europea agli Affari Interni, Ylva Johansson, lancia un messaggio chiaro a commento delle tragedie di questi ultimi giorni, presentando la Comunicazione che stabilisce una “Politica strategica pluriennale per una gestione integrata europea delle frontiere esterne”, con un orizzonte di cinque anni, più raccomandazioni per il riconoscimento reciproco dei decreti di espulsione.

«Finché ci saranno partenze su barche in pessime condizioni – ha detto Johansson – e qualche volta in pessime condizioni meteo, ci saranno sempre perdite di vite. Quello che dobbiamo fare è impedire ai trafficanti di portare queste persone a bordo di queste barche e investire invece sulle rotte legali. Questa è l’unica via sostenibile per salvare vite. E salvare vite dev’essere sempre la nostra priorità». Johansson ha ricordato che «la Guardia Costiera italiana ha salvato le vite di 1.300 persone: stanno facendo un ottimo lavoro e questo va riconosciuto». I flussi migratori, avverte la Commissione nella comunicazione, stanno assumendo nuove forme. Tra queste, si legge, «l’Ue deve fare fronte alla nuova realtà della strumentalizzazione della migrazione per scopi politici, una nuova tendenza che costituisce una sfida per gli approcci tradizionali della gestione dei confini esterni». Il riferimento è alla Bielorussia, il cui dittatore Aleksandr Lukashenko ha favorito l’arrivo di migliaia di migranti a Minsk per poi convogliarli verso le frontiere anzitutto della Polonia e della Lituania. Ma potrebbe costituire un esempio per altri (come dimostrano i sospetti in Italia del coinvolgimento della milizia russa Wagner per i flussi verso il Mediterraneo centrale). «Laddove i migranti – si legge nella comunicazione – vengono strumentalizzati, mettere in sicurezza sezioni di frontiera interessate richiede una maggiore attenzione da parte degli Stati membri coinvolti».

Uno strumento cruciale per cercare di frenare le partenze sono i rimpatri, che di per sé costituiscono un messaggio a quanti aspirano a vie irregolari di migrazione. La Commissione ricorda che nel 2021, su 340.515 decreti di espulsione nei 27 Stati membri, solo il 21% è stato effettuato. Si tratta di aumentarli. Nelle raccomandazioni pubblicate ieri, si afferma la necessità (facilitata peraltro dal nuovo sistema aggiornato e più integrato di Schengen in vigore dal 7 marzo) che gli Stati membri riconoscano i decreti di espulsione emessi da altri Paesi Ue. Non di rado accade che un migrante la cui richiesta di asilo è stata respinta in ultima istanza in uno Stato Ue, si sposti poi clandestinamente in un altro per far ripartire la procedura. Con il riconoscimento reciproco tra Stati Ue, ciò non sarebbe più possibile, e il secondo Stato potrebbe procedere al rimpatrio. Frontex, che sta aumentando i voli congiunti di migranti da rimpatriare da vari Stati Ue, avrà un ruolo cruciale. La Commissione propone inoltre di incrementare gli incentivi per i rimpatri volontari, aumentando il numero di consultori.

Il rafforzamento delle frontiere esterne sono, invece, al centro della Comunicazione strategica che indica 15 principi base e che dovrà essere tradotta in modalità operativa da Frontex entro sei mesi e dagli Stati membri in dodici. Interessante per l’Italia, la ricerca e salvataggio in mare (Sar) è definita una «componente chiave per la gestione integrata della frontiera». La Commissione indica come «prioritaria» la «necessità di un coordinamento tra Stati della bandiera (della nave, ndr) e quelli costieri». Tra gli altri punti, si guarda anzitutto alle ultime tecnologie per la sorveglianza (ad esempio fotocamere e droni), ma anche alla cooperazione con gli Stati terzi «per aiutarli a rafforzare le capacità operative nelle aree di controllo di frontiera, analisi dei rischi, rimpatri e riammissioni e lotta ai trafficanti». Ultimo aspetto, ma di primaria importanza: la necessità di «un pieno rispetto dei diritti fondamentali», che deve esser garantito al momento di proteggere le frontiere esterne Ue.

Sullo sfondo, naturalmente, il difficile negoziato per un Patto sulla migrazione che affronta il complesso in modo globale, la speranza è di un’intesa dei 27 Stati entro giugno per poi negoziare con il Parlamento Europeo e arrivare all’approvazione in tempo per le Europee del maggio 2024.

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