sabato 25 aprile 2020
Viaggio attraverso i termini (tecnici, spesso stranieri) che hanno fatto irruzione nel nostro gergo comune con l’epidemia di coronavirus per capire meglio cosa succederà dopo il 4 maggio
Una poesia appesa sul muro di un palazzo di Milano nel giorno della commemorazione del 25 aprile

Una poesia appesa sul muro di un palazzo di Milano nel giorno della commemorazione del 25 aprile - Fotogramma

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Assembramento

​Il termine – che in italiano ha una valenza negativa e indica un raggruppamento di persone con intenzioni ostili o sospette – è significativamente quello scelto fin dall’inizio dell’epidemia di coronavirus in Italia per indicare ogni forma di aggregazione sociale. Pericolosa, e quindi vietata, perché presupponendo la mancanza di distanziamento tra un persona e l’altra favorisce la diffusione del Covid. Il divieto di assembramento – con la necessità del distanziamento sociale – ci accompagnerà ben oltre la “fase 2”, fino a quando non verrà scoperta una cura, o un vaccino.

Bollettino

​La parola e l’appuntamento che indica sono entrati nella nostra quotidianità ormai da due mesi e vi rimarranno anche dopo il 4 maggio, quando la curva dell’epidemia andrà più che mai tenuta sotto controllo: ogni giorno alle 18 il Bollettino della Protezione civile aggiorna il Paese coi numeri dei contagi da coronavirus, col dettaglio dei nuovi malati, dei guariti e dei morti e le situazioni delle diverse Regioni. Due settimane fa, dopo il picco dell’epidemia e la sua stabilizzazione, è stato deciso che il Bollettino continui ad essere aggiornato online tutti i giorni e solo due volte a settimana trasmesso in tv.

Cluster

Quando durante un’epidemia si fa riferimento a un “cluster” (cioè a un gruppo) si intende la presenza di due o più casi correlati per spazio e tempo, determinati dallo stesso ceppo (in questo caso il Sars-Cov-2). La circostanza può indicare la presenza o la formazione di un focolaio, un’area all’interno della quale si verifica un aumento improvviso di contagi: è sull’individuazione e il contenimento immediati dei “cluster” che si giocherà tutta la seconda fase dell’epidemia. Prima e meglio, cioè, verranno circoscritti, con più efficacia si eviterà una seconda ondata di infezioni.

Droplet

La parola inglese significa letteralmente “gocciolina” e in campo epidemico si riferisce alla saliva nebulizzata – parlando con una persona infetta a distanza ravvicinata, oppure per colpa di un colpo di tosse o di uno starnuto – che ci raggiunge trasmettendoci un virus. È per evitare il contagio tramite “droplet” (il più diffuso) che è obbligatorio il distanziamento sociale, in quale misura tuttavia è ancora poco chiaro: secondo le autorità sanitarie basterebbe un metro, ma molte ricerche hanno dimostrato come le goccioline possano raggiungere le persone anche da due o tre metri.

Esame sierologico

L’esame sierologico è un test di laboratorio effettuato sul sangue che permette di individuare gli anticorpi prodotti dal sistema immunitario in risposta al virus: in sostanza può rilevare se una persona è stata contagiata o no. Ne esistono di diversi tipi, non tutti sono ineccepibili nei risultati e per questo motivo il Comitato tecnico scientifico ha individuato delle caretteristiche precise per quelli che saranno svolti e validati in Italia. I test avrebbero dovuto assumere un ruolo chiave nella pianificazione della “fase 2”, ma proprio ieri l’Oms ne ha ridimensionato l’utilità: «Non c’è prova dell’immunità effettiva di chi è guarito».

Fattore “R0”

L’“R0” è l’indice di contagiosità di un virus: rappresenta cioè il numero medio di persone che vengono contagiate da un singolo infetto in una determinata popolazione non vaccinata in cui emerga una nuova malattia. Se l’“R0”, per intendersi, è 2, significa che in media un singolo malato infetterà due persone. In presenza di misure di contenimento, diminuisce: quando è pari o inferiore a 1, significa che l’infezione può essere contenuta. A fine febbraio, in Italia, l’“R0” del Covid ha toccato la cifra record di 4. Oggi è crollato tra lo 0,3 e lo 0,7. Se e dove dovesse risalire nella “fase 2” si procederà a nuove chiusure.

Geolocalizzazione

Per geolocalizzazione si intende l’identificazione della posizione di un dispositivo (smartphone o computer) e di conseguenza della persona che lo ha con sé. E tra gli strumenti proposti per la “fase 2” grande attenzione riguarda proprio l’attività di tracciamento delle persone contagiate e dei loro contatti, con l’obiettivo di monitorare l’epidemia. In Italia è stata scelta l’applicazione “Immuni”, che procederà alla localizzazione delle persone entrate in contatto con i positivi tramite Bluetooth, un sistema di connessione tra smartphone che utilizza onde radio a bassa frequenza.

Immunità di gregge

Con questa espressione si intende la situazione in cui i soggetti immuni ad un determinato virus (o perché sono vaccinati o perché l’hanno già contratto) ne rendono difficile la diffusione, di fatto immunizzando in maniera indiretta anche quei pochi soggetti ancora esposti. La soglia per l’immunità è diversa da malattia a malattia e per quelle più contagiose, come il Covid-19, deve essere altissima (circa il 95% dei soggetti immunizzati). Non è escluso che, col tempo, si arriverà a questa situazione ma al momento ne siamo lontanissimi: in Italia, secondo l’Iss, il 90% delle persone non ha avuto contatto con il virus.

Lockdown

È il termine inglese con cui si indica il protocollo d’emergenza messo in atto per impedire alle persone di lasciare una determinata area. Dichiarata la pandemia di Covid-19 numerosi governi – a partire dalla Cina per la megalopoli di Wuhan – l’hanno impiegato per evitare la diffusione della malattia, bloccando lo spostamento dei propri cittadini, gli ingressi dai Paesi stranieri, la vita sociale e lavorativa. In Italia è scattato, su scala nazionale, l’11 marzo e si chiuderà il 4 maggio: la misura, tuttavia, potrà essere applicata nuovamente a livello locale nel caso di nuovi focolai.

Mascherina

Obbligatoria o fortemente raccomandata (ancora il governo non ha deciso come esprimersi sul punto) già ora è diventata parte della nostra quotidianità, e lo sarà con prepotenza nella “fase 2”: è l’unico strumento, in mancanza di distanziamento, in grado di metterci in sicurezza rispetto alle goccioline infette di chi è contagiato. Dunque essenziale in alcuni luoghi di lavoro, o sui mezzi pubblici. I nodi restano reperibilità e prezzi, schizzati alle stelle nelle ultime settimane. Per quanto riguarda la tipologia, se le indosseranno tutti per proteggerci basteranno le semplici chirurgiche (che bloccano le goccioline in uscita).

Nuovi casi

È il parametro in base a cui si deciderà lo svolgimento della “fase 2” e l’eventuale passaggio alle fasi successive. A oggi la situazione italiana resta frastagliata: a fronte di regioni, cioè, che ormai da giorni registrano zero contagi o comunque meno di dieci al giorno (è il caso di Basilicata, Marche, Umbria), altre come Lombardia e Piemonte continuano a registrare diverse centinaia di nuovi positivi ogni giorno. Secondo le previsioni del governo la riapertura del Paese con ogni probabilità porterà a un aumento dei nuovi casi: essenziale sarà tenerli sotto controllo, individuandoli e contenendoli subito.

Ossigeno

Si misura in ossigeno la differenza tra la vita e la morte, nei malati di Covid. La penuria di ossigeno è il mostro con cui gli ospedali d’Italia si sono scontrati nelle settimane più difficili dell’epidemia. Quando arrivavano cioè migliaia di pazienti incapaci di respirare autonomamente a causa della polmonite e nelle terapie intensive, dove i pazienti vengono aiutati a respirare dalle macchine, mancavano posti. Il problema nella “fase 2” non dovrebbe ripetersi: quei posti sono stati quasi raddoppiati (da 5mila a 9mila), migliaia di caschi per la respirazione sono stati donati agli ospedali e vengono prodotti da aziende riconvertite.

Passeggiate

È la libertà che si è invocata di più, durante il lockdown, ed è la prima (forse l’unica) che con certezza riacquisteremo dal 4 maggio: potremo tornare a passeggiare, quasi certamente senza necessità di autocertificazione, anche lontano dalle nostre case e in famiglia. E senza la mascherina sul volto, se ovviamente sarà garantito il distanziamento dagli altri. La questione in particolare riguarda la salute – anche psicologica – delle fasce più fragili della popolazione: i bambini (privati della scuola e di ogni tipo di attività sociale), gli anziani, i disabili. Se e come le passeggiate potranno avvenire nei parchi, resta da decidere.

Quarantena

È il periodo di isolamento al quale vengono sottoposte le persone che potrebbero portare con sé germi di malattie infettive, o al proprio domicilio o in strutture dedicate (ospedaliere e non). Per il coronavirus è stata fissata a 14 giorni, anche se sulla durata della contagiosità del Covid-19 il mondo scientifico resta diviso: in molti casi, infatti, persone risultate contagiate hanno avuto tamponi positivi fino a 30 e addirittura 40 giorni dopo la prima diagnosi. La Regione Lombardia (la più colpita dall’epidemia) ha deciso per esempio, unica finora, di innalzare a 28 giorni il periodo di quarantena per i malati.

Rebound

È il termine inglese che significa letteralmente “rimbalzo” e si utilizza per spiegare come un’epidemia possa, una volta allentate le misure di contenimento, registrare un nuovo aumento di contagi. Ed è l’effetto che si vuole scongiurare dal 4 maggio in avanti in Italia, nonostante i numeri dell’infezione siano in forte rallentamento. A veri e propri “rebound” si è assistito già in Cina e a Singapore, per esempio. Alcuni esperti prevedono già con certezza, tuttavia, una seconda ondata di casi il prossimo autunno: quando i sintomi del Covid-19 potrebbero confondersi con quelli dell’influenza.

Spike

Con il termine inglese, che significa punta o spina, ci si riferisce alla proteina peculiare del Sar-CoV-2 con cui il virus “buca” le nostre cellule riuscendo così a penetrarvi e a spargere nel nostro corpo l’infezione. Le punte in questione, che al microscopio assomigliano più a degli ombrelli, sono anche quelle che costellano visivamente i coronavirus (chiamati così per la loro forma). Agire sulla proteina in questione è l’obiettivo della maggior parte delle cure e dei vaccini allo studio in questo momento: la corsa che accompagnerà la “fase 2” è soprattutto quella a trovare una soluzione definitiva contro l’epidemia.

Tampone

Abbiamo imparato a ripetere la parola in maniera quasi ossessiva: «Ha fatto il tampone?», «Il tampone è positivo?». Al momento il modo più certo per stabilire se una persona è stata contagiata o meno da Sars-CoV-2 è e resta il tampone. Più se ne fanno, più contagi si individuano, più è facile mantenere sotto controllo una nuova diffusione dell’epidemia. Dopo le non poche difficoltà nel reperimento del reagente per effettuarli, l’Italia si è stabilizzata su un numero straordinario di test ogni giorno: quasi 70mila. La percentuale di positivi a oggi è al 3,5%. Sono stati “tamponati” finora oltre un milione di italiani.

Untore

La parola, col suo significato fortemente negativo, è tornata in voga per descrivere i maggiori diffusori del coronavirus. A patto che ce ne siano. I principali “sospettati” sono per molti gli asintomatici: ovvero le persone positive al Covid-19 ma del tutto prive di sintomi, che quindi si muovono ignare di poterlo diffondere. Soprattutto fra i propri cari. In realtà, proprio perché senza tosse o raffreddore, l’ipotesi è stata da molti anche smentita. Lo stesso per i bambini: per alcuni studiosi, anche se meno colpiti dal coronavirus, avrebbero contribuito molto a diffonderlo. Per altri non c’è evidenza che sia stato così.

Vaccino

Solo un vaccino contro il Covid-19 potrebbe fermare la pandemia, ma tempi ed esiti delle numerose ricerche in corso per svilupparlo (sono 70 soltanto quelle comunicate ufficialmente) sono tutt’altro che scontati. I più ottimisti ritengono che un primo vaccino da impiegare sulla popolazione potrebbe essere pronto entro un anno, ma altri invitano a maggiori cautele, ricordando che sviluppare e produrre vaccini richiede enormi risorse ed è molto complicato. A oggi, poi, non esiste alcun vaccino già impiegato per prevenire infezioni da altri coronavirus, nonostante questi ultimi siano conosciuti da quasi 60 anni.

Zona rossa

Per “zone rosse” si intendono le aree soggette ad un’alta trasmissione del virus: istituite temporaneamente, vengono chiuse impedendo sia di entrarvi che di uscirvi. Le prime in Italia, lo scorso 23 febbraio, sono state quelle del Basso Lodigiano e di Vo’ Euganeo, in Veneto. Poi, dopo il lockdown, altri comuni sono stati sottoposti a misure più restrittive: è il caso di Medicina, in Emilia Romagna, o Fondi, nel Lazio. Attualmente sono 106. Dopo il 4 maggio verranno istituite tutte le volte che i contagi torneranno a crescere in determinati territori, per circoscrivere l’epidemia.


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