venerdì 4 agosto 2017
«Perché il Paese che mi ha accolto non mi riconosce?»
Da 16 anni a Palermo ma i pregiudizi restano
COMMENTA E CONDIVIDI

«Come tutti i ragazzi della mia età, spesso quando sono libero da impegni di studio e di lavoro, esco a passeggiare con gli amici. A volte capita che ci fermino per un controllo. Ai ragazzi dalla pelle chiara non fanno domande, non chiedono documenti. A me e agli altri di colore sì». Perché? Si domanda amareggiato Jeffrey Gyina Tawiah, giunto a Palermo dal Ghana quando aveva 11 anni. «Sono in Italia da sedici anni e non posso credere che il Paese che mi ha accolto, cresciuto, formato, non mi riconosca per quello che sono». Jeffrey studia scienze politiche a Roma e per mantenersi lavora impartendo lezioni di inglese e come receptionist in un campeggio. Parla tre lingue e per molto tempo ha giocato a basket, anche a livello agonistico, ma anche qui il suo non essere formalmente italiano gli ha precluso molte strade. Strade che, invece, la frequentazione della chiesa protestante a Palermo gli ha permesso di aprire. «Nel nostro luogo di culto l’intercultura è una realtà, tanto che le celebrazioni si fanno in più lingue». Il suo sorriso sincero non può nascondere la malinconia. «La non conoscenza e i pregiudizi sono una brutta cosa. Per me la cittadinanza è soprattutto partecipazione sociale, culturale e politica. Mi cambierebbe la vita e non avrei più quell’ansia dovuta ai documenti da rinnovare»

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI