sabato 4 febbraio 2017
Parla il responsabile per il Sud Europa dell’agenzia Onu. «Nessun accenno a chi fugge da guerre e persecuzioni»
Stephane Jaquemet

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«Quanto emerso dal vertice di Malta non è poi così differente dall’accordo tra Italia e Libia e perciò abbiamo molte perplessità su questo genere di interventi». Stephane Jaquemet è il delegato dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati del Sud Europa. «Quello che è emerso - dice - non ci convince molto».

Perché?
Oltre a ricalcare quello tra Roma e Tripoli, il vertice di Malta mostra di ripercorrere la strada dell’intesa tra Unione Europea e Turchia, con il quale sostanzialmente Ankara viene pagata per impedire ai migranti di raggiungere l’Europa. Nel caso libico c’è un’aggravante: parliamo di un Paese in situazione di conflitto, che non ha stabilità politica, che manca di autorità efficienti e nel quale vengono costantemente registrate gravi violazioni dei diritti umani.

I leader politici assicurano che si impegneranno per non lasciare Tripoli da sola sostenendone lo sviluppo.
Questo appartiene alla retorica abituale secondo la quale vi è la volontà di lavorare di più con la Libia sostenendo la crescita delle istituzioni del Paese e accompagnando le autorità locali nel controllo dei flussi migratori, con l’obiettivo di una progressiva stabilizzazione del Paese. Ma non si può fare da un giorno all’altro. E poi gli accordi non operano alcuna distinzione nella tipologia di migranti.

Quali garanzie avranno, ad esempio, i profughi di guerra e i richiedenti asilo?
Allo stato, nessuna, ed è uno degli aspetti peggiori. Non sono previsti filtri di alcun genere. Al contrario, sarebbe importante stabilire punti chiari soprattutto sulla protezione dei rifugiati, partendo dal presupposto che la Libia non è affatto un paese sicuro. A rifugiati e richiedenti asilo deve assolutamente essere consentita la possibilità di ottenere protezione internazionale e di poter raggiungere i Paesi europei che possono garantire gli standard previsti dal diritto internazionale.

Le Nazioni Unite che ruolo avranno?
Nelle intese vengono menzionati genericamente gli organismi internazionali, ma non viene fatto alcun riferimento specifico e non viene indicato quale ruolo queste organizzazioni dovrebbero svolgere. Noi siamo presenti in Libia e abbiamo accesso a circa metà dei centri di raccolta dei migranti. Come è noto abbiamo più volte lamentato il trattamento che queste persone subiscono e i rischi a cui vanno incontro.

I 28 leader riaffermano la «determinazione ad agire nel pieno rispetto dei diritti umani, del diritto internazionale e dei valori europei, e in collaborazione con Acnur e Oim». Perché non è sufficiente?
Non sappiamo esattamente quale ruolo dovremmo svolgere. E anche se fosse possibile esaminare sul posto le domande dei richiedenti asilo, per costoro sarebbe quasi impossibile raggiungere legalmente l’Europa. A oggi un giovane subsahariano non ha alcuna possibilità di emigrare legalmente verso l’Ue. Se invece si consentisse almeno a piccole percentuali di poter accedere attraverso canali legali, questo scoraggerebbe molto il flusso illegale.

Però un intervento è ritenuto necessario, quantomeno per cominciare a disturbare i trafficanti di uomini.
Comprendo la necessità di contrastare la tratta di esseri umani, ma ho forti dubbi che sia questa la modalità migliore. E’ troppo presto per dire se ci saranno delle modifiche nelle rotte del traffico internazionali di migranti. Ogni Stato ha i diritto di contrastare i trafficanti e di avere il controllo delle frontiere, ma i rifugiati sono persone sottoposte alla protezione del diritto internazionale e l’anno scorso quasi il 40% di quanti hanno fatto domanda d’asilo in Italia ha ottenuto una protezione, giuridica o umanitaria. Che ne sarà di tutti gli altri che rimarranno bloccati in Libia?

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